In un precedente editoriale, pubblicato a fine 2023, avevo avuto modo di sottolineare il chiaro riferimento operato nell’ultima riforma dei servizi pubblici locali all’amministrazione condivisa. In quella circostanza mi ero soffermato in modo particolare sull’art. 18 del decreto legislativo n. 201 del 23 dicembre 2022, anche perché conteneva un evidente richiamo al codice dei contratti pubblici, che per la prima volta aveva citato in modo esplicito l’amministrazione condivisa, e ciò consentiva di legare il commento con un altro editoriale ancora.
Stavolta si torna sulla riforma, perché è importante sottolineare un ulteriore ambito assai significativo per l’amministrazione condivisa. Il riferimento è all’art. 10 e, in particolare, sono di grande rilevanza i commi 2 e 4.
L’amministrazione condivisa non è estranea alle imprese
Il secondo comma stabilisce che, al fine di soddisfare i bisogni delle comunità locali, gli enti locali «favoriscono, in attuazione del principio di sussidiarietà orizzontale, l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, e delle imprese, anche con apposite agevolazioni e semplificazioni». Inutile dire che qui è fin troppo evidente il richiamo al principio costituzionale di sussidiarietà orizzontale dell’art. 118 e, assai significativamente, il legislatore coinvolge anche le imprese. Si coglie giusto questa occasione per ribadire ancora una volta che l’amministrazione condivisa non è estranea alle imprese e il legislatore opportunamente lo ricorda. Naturalmente le imprese sono comprese sempre nella logica della sussidiarietà orizzontale: sono favorite nella misura in cui anch’esse contribuiscano agli interessi generali dentro un quadro di rapporti che definiamo “non sinallagmatici”, come ha detto la Corte costituzionale con la sentenza n. 131 del 2020. D’altronde, è solo in questa chiave che l’art. 10 può legittimamente disporre un trattamento di favor.
La parabola dallo Stato del Novecento a oggi
Il comma 4 prevede che gli enti locali possono istituire servizi di interesse economico generale solo se, a esito di un confronto tra le diverse soluzioni, i bisogni delle comunità locali non sono adeguatamente soddisfatti né dalle imprese operanti nel mercato, né dai cittadini, singoli o associati. Ne consegue che l’istituzione di un servizio pubblico o, per meglio dire, rispettando le parole del decreto, un servizio di interesse economico generale è sussidiaria alla verifica della capacità di cittadini e imprese sul mercato di soddisfare gli stessi interessi. Il testo normativo riconosce dunque la ciclicità propria della sussidiarietà orizzontale: la comunità amministrata è portatrice allo stesso tempo di bisogni e di risorse e in quanto tale è potenzialmente capace di auto-organizzarsi per tale fine.
Per comprendere fino in fondo la portata della novità è utile ricordare che all’inizio del Novecento fu approvata una legge, nota come legge Giolitti, che affidava ai comuni l’attivazione di servizi che la legge individuava di interesse per la collettività. In base a questa legge, dunque, l’attivazione dei servizi pubblici era riservata ai comuni e limitata ai servizi che la legge stessa prevedeva. Si vede dunque la lunga parabola di questa trasformazione: da un modello, fondato sulla determinazione per legge dei bisogni delle comunità e basato sull’attivazione riservata in esclusiva ai comuni, a uno nel quale i bisogni delle comunità sono liberamente interpretabili e le risposte rimesse innanzitutto alle risorse stesse della comunità. Una parabola che naturalmente ha conosciuto passaggi intermedi che hanno gradualmente favorito questo approdo con cambiamenti che qui non è il caso di ripercorrere. L’elemento davvero essenziale è che l’attuale assetto è fondato sul riconoscimento delle comunità di avere potenzialmente le risorse per soddisfare i propri bisogni, senza aspettare che si attivino gli enti locali. Questi ultimi intervengono solo se è dimostrato che la comunità da sé non ce la fa. Si tratta di una novità dirompente che esalta il principio di sussidiarietà orizzontale con una limpidezza fin qui sconosciuta.
Peraltro, il comma 5 stabilisce che l’attivazione del servizio da parte degli enti locali è determinata da una delibera che deve dar conto dell’istruttoria di confronto con le altre soluzioni e può essere sottoposta alla consultazione pubblica prima della sua adozione. Ne deriva, dunque, che l’istituzione dei servizi pubblici da parte degli enti locali non è più né libera, né scontata come in passato, salvo che disponga così la legge, circostanza che in ogni caso si verifica ancora in molti casi (si pensi ai servizi pubblici locali più noti: trasporti, energia, rifiuti, acqua, cultura, ecc.).
Il sostegno all’auto-organizzazione sociale per i servizi
Merita un approfondimento il riferimento che l’art. 10 più volte compie alle imprese, perché il significato da trarne non è lo stesso. Come visto, nel comma 2 le imprese sono indicate quale soggetto da favorire nel rispetto del principio di sussidiarietà orizzontale, in una logica che è quella dell’amministrazione condivisa. La dimostrazione indiretta proviene dall’art. 11, il quale stabilisce che, quando non ci sono le condizioni per l’istituzione di un servizio pubblico da parte degli enti locali, questi ultimi possono attribuire agli utenti, nel rispetto della libertà d’impresa, vantaggi economici, titoli o altre agevolazioni al fine di facilitare la fruizione del servizio. L’art. 11 è ancora espressione del principio di sussidiarietà e declina, sia pure restando ancora sul generico, il modo con cui gli enti locali favoriscono i cittadini o le imprese che si auto-organizzano per soddisfare i bisogni della comunità. La norma prevede che gli enti locali agevolano gli utenti che si rivolgono a questi soggetti auto-organizzati. Si tratta di una misura, presa naturalmente nel rispetto del principio di parità di trattamento e non discriminazione, di favor, tipiche dell’amministrazione condivisa.
Il ruolo non univoco delle imprese
Cosa diversa è quando al comma 4 l’art. 10 cita le imprese che operano liberamente sul mercato: questo riferimento alle imprese non è lo stesso citato al comma 2 e all’art. 11. Nell’art. 10, comma 4, il decreto si limita a dire: se il mercato o la comunità attraverso auto-organizzazione non riescono a soddisfare i bisogni di interesse collettivo, interviene l’ente locale per organizzare un servizio di interesse economico generale. Il riferimento alle imprese nel quarto comma è per sottintendere il mercato, ovvero l’altra forma di organizzazione comunitaria che l’ordinamento conosce fondata non sulla solidarietà ma sullo scambio economico. Le imprese del quarto comma, in sostanza, sono uno strumento per indicare il mercato e in quanto tali non beneficiano di agevolazioni; sono solo quelle del secondo comma dell’art. 10, che agiscono nel quadro del principio di sussidiarietà orizzontale, a beneficiare gli aiuti previsti dall’art. 11.
Tre elementi possono giustificare questa lettura. Il primo è dato dal fatto che il secondo comma si riferisce solamente alle imprese, mentre nel quarto comma si rivolge l’attenzione alle imprese «liberamente operanti nel mercato». È chiaro che in questa seconda disposizione ciò che viene in rilievo non è la singola impresa in relazione a una specifica iniziativa, ma le relazioni tra imprese nella cornice di un mercato. Il secondo elemento che segna questa differenza è che nel comma 2 prima si citano i cittadini, singoli e associati, e poi le imprese; il quarto comma, che avrebbe potuto semplicemente riferirsi ai soggetti del secondo comma, cita al contrario prima le imprese (nel mercato) e poi i cittadini, con un’inversione che non si spiega se si fosse voluto dire la stessa cosa. Infine, su un piano più sistematico, i vantaggi economici riconosciuti dall’art. 11 sono legittimi in un quadro complessivo solo se a beneficiarne sia un sistema che non risponde alle logiche di mercato. Gli enti locali e, quindi, l’amministrazione possono favorire qualcuno solo se stiamo dentro uno schema di sussidiarietà orizzontale; se stiamo dentro una logica di mercato, l’amministrazione deve restare neutrale.
Conclusione
In conclusione, l’auto-organizzazione sociale per la soddisfazione dei bisogni di una comunità ha acquisito piena espressione da parte del legislatore, in nome del principio di sussidiarietà orizzontale. Quanto negli anni scorsi si è spesso detto a proposito della capacità di emancipazione che il principio di sussidiarietà esprime nei confronti dell’auto-organizzazione sociale (si veda in questo una sentenza recente della Corte dei conti), trova un importante riconoscimento in un campo tradizionalmente molto sensibile, come è quello dei servizi pubblici locali.
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Immagine di copertina: Fons Heijnsbroek su Unsplash