In questa rivista abbiamo dato rilievo, nei mesi passati, ad una pronuncia del Tar Piemonte in cui si riconosceva alle associazioni esponenziali di interessi collettivi il potere di dare avvio, con istanza di parte, al procedimento di dichiarazione di notevole interesse pubblico ai sensi dell’art. 138 del codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, sebbene ciò non fosse espressamente previsto dalle norme.
Il ricorso per la riforma della sentenza di primo grado
In seguito, la Soprintendenza per le Province di Alessandria, Aosta e Cuneo del Ministero dei Beni Culturali ha deciso di presentare ricorso al Consiglio di Stato per la riforma della sentenza del 10 giugno 2022, n. 563, della sez. I, T.A.R. Piemonte, con cui si dichiarava illegittima, per illegittimità derivata, la dichiarazione di notevole interesse pubblico del contesto territoriale del Momburgo – limitatamente ad un’area urbanizzata sita nel Comune di Villanova Mondovì – in quanto resa in violazione della regola del collegio perfetto. Il Comune di Villanova Mondovì, a sua volta, ha presentato appello incidentale per la parziale riforma della sentenza del T.A.R. Piemonte, nella parte in cui aveva respinto il secondo motivo del ricorso di primo grado, sostenendo la legittimità dell’iniziativa di portare la proposta alla Commissione assunta da soggetti privati, quali le associazioni esponenziali di interessi collettivi o singoli cittadini.
La nuova decisione del Consiglio di Stato
Il Consiglio di Stato, con la sentenza 12 settembre 2023, n. 8271, ritorna sull’argomento e, nel capovolgere l’esito della questione come definita in primo grado, si allontana anche dall’interpretazione estensiva dell’art. 138 d.lgs. 42/2004 in relazione ai soggetti titolari dell’iniziativa procedimentale in questione. In prima battuta, si fa salva la dichiarazione di notevole interesse pubblico in quanto validamente espressa dalla Commissione prevista dall’art. 137 del codice dei beni culturali e del paesaggio, nonostante l’assenza di alcuni dei suoi componenti. Si ritiene, cioè, che il giudice di primo grado abbia erroneamente qualificato la Commissione quale “collegio perfetto” poiché nessuna norma, né statale, né regionale, reca elementi tali da suggerire siffatta qualificazione.
In secondo luogo, il Consiglio di Stato, pur ritenendo di non poter condividere le ragioni dell’appello incidentale con cui si contesta l’avvio del procedimento da parte di associazioni private, si discosta dalla linea argomentativa usata dal T.A.R. Piemonte. Il giudice di secondo grado ribadisce il carattere tassativo dell’elenco dei soggetti con potere d’iniziativa di cui all’art. 138 del codice dei beni culturali e del paesaggio e precisa che la circostanza per cui la richiesta di attivazione della procedura sia stata presentata da associazioni private non significa che l’iniziativa procedimentale sia concretamente loro ascrivibile. Si ritiene, in conclusione, che l’iniziativa sia stata assunta dai componenti della Commissione, sia pure su sollecitazione delle associazioni private, ragione per cui non vi sarebbe stata alcuna violazione della norma di cui all’art. 138 del codice o della legge regionale in materia.
Un ritorno al passato o un richiamo alle responsabilità delle autorità pubbliche nella cura degli interessi collettivi?
La scelta del Consiglio di Stato potrebbe destare perplessità se, come si crede, il T.A.R. Piemonte, estendendo la platea dei possibili detentori dell’iniziativa anche agli altri soggetti privati, aveva voluto sottolineare alcuni sviluppi del nostro ordinamento introdotti dal rafforzamento recente della tutela dell’ambiente latu sensu, grazie alla legge costituzionale 11 febbraio 2022, n. 1 che – lo ricordiamo – ha toccato, oltre che l’esercizio della libertà d’iniziativa economica (art. 41 Cost.) su cui si controverte nella causa in commento, anche la parte prima, inerente ai principi fondamentali, e per l’esattezza l’art. 9 Cost.
A giudizio di chi scrive, tuttavia, il Consiglio di Stato ha voluto soprattutto normalizzare il principio per cui, nell’esercizio di qualsivoglia potere d’iniziativa procedimentale d’ufficio che abbia una ricaduta sulla tutela di un bene pubblico in senso oggettivo cui si riconnette un interesse collettivo, come nel caso del paesaggio, l’autorità pubblica deve responsabilmente essere recettiva nei confronti delle sollecitazioni di parte privata, senza per questo che il giudice debba ricorrere, nell’interpretazione della normativa applicabile, a soluzioni innovative e, per questo, controvertibili.
In ultima analisi, il Consiglio di Stato accoglie la soluzione misurata prospettata già nel nostro commento alla sentenza di primo grado, laddove si era sottolineato come il potere d’iniziativa riconosciuto dal T.A.R. Piemonte, per estensione, in capo alle associazioni rappresentative di interessi collettivi non avrebbe potuto combaciare perfettamente con quello stesso potere esercitato dai soggetti espressamente menzionati dall’art. 138, c. 1, in quanto solo in questo secondo caso è possibile parlare di un “potere-dovere”, il cui esercizio è obbligatorio e vincolante per l’attività della Commissione.
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Immagine di copertina: Rob Mulally su Unsplash
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