Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia afferma che se il sistema sanitario regionale si avvale dell’apporto di strutture private accreditate deve rispettare le regole a tutela della concorrenza

Con la sentenza n. 965 del 2023 il TAR Lombardia ha accolto il ricorso proposto da una società che gestisce una RSA da tempo accreditata dalla Regione Lombardia, ma esclusa dal novero di quelle destinatarie degli accordi contrattuali tesi a consentire l’erogazione di prestazioni sociosanitarie a carico del sistema sanitario regionale.
La Società lamentava, per quanto qui rileva, che la Regione Lombardia, con la D.G.R. gravata innanzi il TAR, aveva cristallizzato i budget assegnati alle strutture già contrattualizzate, così precludendo in modo assoluto ogni accesso al convenzionamento alle strutture che, come la ricorrente, fossero solo accreditate.
La ricorrente contestava, tra gli altri, anche il vizio di violazione dell’art. 2, comma 1, lett. h) della l. reg. Lombardia n. 33 del 2009, a tenor del quale la programmazione, la gestione e l’organizzazione del servizio sociosanitario lombardo si debbono conformare anche ai principi della “sussidiarietà orizzontale per garantire pari accessibilità dei cittadini a tutti i soggetti erogatori di  diritto pubblico e di diritto privato inclusi gli enti del terzo settore […],, nell’ambito della programmazione regionale, in modo da garantire parità di diritti e di doveri di tutti i soggetti che concorrono alla realizzazione della rete dell’offerta”.

L’itinerario argomentativo della pronuncia

Nell’accogliere le pretese della ricorrente, il TAR Lombardia ha puntualmente ricostruito l’evoluzione del rapporto tra soggetti pubblici e soggetti privati nel sistema di erogazione di prestazioni sociosanitarie, chiarendo natura e presupposti delle autorizzazioni, degli accreditamenti e delle contrattualizzazioni.
L’itinerario argomentativo del TAR – peraltro parzialmente sovrapponibile a quello percorso nella sua precedente sentenza n. 355 del 2022 – muove dalla centralità delle esigenze di programmazione e contenimento della spesa sanitaria. Sul punto, la pronuncia in esame si pone in linea con la ormai consolidata giurisprudenza costituzionale che ha affermato che il principio della programmazione è finalizzato a “realizzare un contenimento della spesa pubblica ed una razionalizzazione del sistema sanitario” e che l’esigenza della programmazione si è imposta “in conseguenza dell’«elevato e crescente deficit della sanità e [del]le esigenze di bilancio e di contenimento della spesa pubblica, nonché di razionalizzazione del sistema sanitario» (sentenza n. 94 del 2009)” (sent. n. 76 del 2023).
Su tali basi il TAR Lombardia ha però ritenuto che, una volta che la Regione, nell’esercizio della sua potestà di programmazione, abbia deciso di addivenire al perfezionamento di accordi contrattuali con le strutture accreditate, non può sottrarsi ai principi concorrenziali garantiti dal TFUE.

La giurisprudenza della Corte costituzionale e della Corte di Giustizia

A sostegno delle sue tesi, il TAR Lombardia richiama sia la giurisprudenza della Corte di Lussemburgo che quella della Corte costituzionale.
Dalla prima – si legge nella pronuncia – “trapela il divieto per gli Stati membri di introdurre o comunque mantenere ingiustificate restrizioni all’esercizio delle libertà di iniziativa economica anche nell’ambito delle cure sanitarie (cfr. Corte di Giustizia, 21-06-2012, causa C-84/11; id., Grande sezione, 16-05-2006, causa C-372/04)”.
Dalla giurisprudenza costituzionale, poi, il TAR Lombardia trae il principio che l’ingresso di nuovi operatori privati non può essere bloccato a tempo indeterminato, non potendo “essere giustificato dall’esigenza di contenere la spesa sanitaria, giacché tale legittimo e necessario obiettivo non può essere conseguito a costo della violazione del principio di uguaglianza” (così, Corte cost., n. 361 del 2008).

Conclusioni

La pronuncia in commento giunge alla conclusione che, almeno in condizioni ordinarie, la scelta di avvalersi dell’apporto degli operatori privati accreditati comporta inevitabilmente la soggezione alle regole della concorrenzialità, declinata sia come necessaria valutazione dell’ingresso di nuovi operatori, sia come verifica periodica degli operatori già accreditati e degli eventuali necessari miglioramenti in un’ottica di efficientamento e razionalizzazione della rete.
Nell’affermare tali princìpi, tuttavia, il TAR Lombardia evoca ripetutamente, quasi in endiadi con le esigenze di tutela della concorrenza, il principio di sussidiarietà orizzontale, che finisce così per essere ridotto a mero corollario della prima.
Il TAR, dunque, non coglie (e anzi tradisce) il proprium del principio di sussidiarietà orizzontale, le cui specificità (anche e soprattutto rispetto al mercato e alle sue esigenze) sono state puntualmente rimarcate in più occasioni persino dalla giurisprudenza costituzionale. Nella nota sent. n. 131 del 2020, per esempio, la Consulta ha ricordato che con l’art. 118, comma 4, Cost. si è identificato “un ambito di organizzazione delle «libertà sociali» […] non riconducibile né allo Stato, né al mercato, ma a quelle «forme di solidarietà» che, in quanto espressive di una relazione di reciprocità, devono essere ricomprese «tra i valori fondanti dell’ordinamento giuridico, riconosciuti, insieme ai diritti inviolabili dell’uomo, come base della convivenza sociale normativamente prefigurata dal Costituente» (sentenza n. 309 del 2013)”.
A fronte di tali affermazioni, la pretesa di assumere il principio di sussidiarietà orizzontale e la libera concorrenza a parametro unitario e indistinto di legittimità dell’azione amministrativa, assorbendo il primo nella seconda, appare insostenibile e non in linea né col dettato costituzionale né con le statuizioni del Giudice delle leggi.

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Immagine di copertina: Chris Lawton su Unsplash