Tra gennaio e settembre 2023, ho avuto l’opportunità di coordinare un dibattito pubblico in Francia su un tema di grande attualità e denso di implicazioni: la gestione dell’acqua potabile.
Il dibattito pubblico, organizzato dalla Commissione Nazionale Dibattito Pubblico (CNDP) francese riguardava un territorio specifico, la regione Ile de France, coinvolgeva un operatore specifico, Sedif, colosso del settore idrico francese con 4 milioni di utenti, e metteva sotto la lente di ingrandimento un altrettanto specifico progetto che prevedeva l’introduzione di una nuova tecnologia di filtrazione dell’acqua potabile attraverso membrane ad alta performance (per intenderci, si tratta della tecnologia che viene utilizzata per desalinizzare l’acqua del mare nei territori in cui non ci sono risorse di acqua dolce). Eppure, il dibattito pubblico ha sollevato temi che travalicano decisamente confini geografici, questioni tecniche, criticità di settore, e toccano invece sfide essenziali che coinvolgono tutti i cittadini e le cittadine d’Europa.
La direttiva europea sull’acqua potabile
All’origine di questo progetto e di questo dibattito, infatti, vi è una direttiva europea, la 2020/2184, che stabilisce nuovi requisiti minimi di qualità dell’acqua potabile in tutta l’Unione. La direttiva si prefigge l’obiettivo di rafforzare la protezione della salute umana, a fronte di nuovi inquinanti, la cui presenza nell’acqua potabile è documentata, e per farlo introduce valori limite per una serie di nuove sostanze, microinquinanti e microplastiche, che elenca in maniera puntuale. Ciascun paese membro, come si sa, è chiamato ad adottare la direttiva entro un lasso di tempo prefissato. Al di là del processo puramente formale, questo implica, o almeno dovrebbe implicare, il fare i conti con una questione vitale e delicata – la gestione della risorsa idrica e dell’acqua potabile – che nel contesto della crisi climatica attuale diventa ancora più complicato.
Il progetto presentato da Sedif è la risposta che un operatore del settore ha presentato e intende mettere in campo per intervenire su questo tema e continuare a produrre, come è nella sua missione fare, un’acqua potabile della migliore qualità possibile. Una scelta che è perfettamente nelle prerogative del soggetto che propone l’intervento. Se così è, qual è dunque la questione?
Per comprenderla, occorre raccontare qualche dettaglio in più di questa esperienza.
Il progetto di Sedif
Come detto, il progetto di Sedif prevede l’introduzione in tre dei suoi impianti principali di una ulteriore tappa nel trattamento dell’acqua, la nanofiltrazione. L’obiettivo è triplice: eliminare la quasi totalità dei microinquinanti e delle microplastiche dall’acqua che distribuisce, ridurre la presenza di calcare in maniera importante e dunque fare a meno del cloro.
Un progetto faraonico, con un investimento pari a 890 milioni di euro, che, secondo quanto prevede il Codice dell’ambiente francese, deve necessariamente essere oggetto di un momento di confronto pubblico con il territorio: è così che ad aprile 2023 si apre il dibattito pubblico “L’acqua potabile in Ile de France”. Un titolo che è un programma perché in effetti la Commissione che ha curato l’organizzazione di questo dibattito, e che ho presieduto, ha scelto di allargare il perimetro del dibattito stesso, provando a superare le maglie di una discussione che si voleva squisitamente incentrata sulla tecnologia e sugli impianti. La proposta è stata invece di integrare il progetto nel suo contesto e di provare a mettere a fuoco l’impatto del progetto su quell’ecosistema complesso che è la gestione del servizio idrico. Il dibattito pubblico “L’acqua potabile in Ile de France” affronta non solo l’opportunità di realizzare il progetto, ma anche la sua proporzionalità, invita cioè ad interrogarsi su come si colloca un progetto di questo tipo in un contesto che tutti i documenti di programmazione strategica del paese vogliono improntato alla riduzione dei consumi, all’efficienza energica, al risparmio. Negli stessi giorni, infatti, il Senato francese inaugurava una Commissione sulla gestione sostenibile dell’acqua e il Governo lavorava a un Piano strategico per la risorsa idrica.
I temi e gli argomenti affrontati durante il dibattito
Dal punto di vista ambientale, quella che i partecipanti al dibattito pubblico hanno messo in discussione è la filosofia di fondo che l’intervento sembra sposare e che agli occhi di molti partecipanti risulta essere sbilanciata verso un approccio squisitamente curativo e tecnocratico, a discapito di un approccio invece incentrato sulla prevenzione e la protezione della risorsa.
Ci sono poi due obiezioni specifiche: la tecnologia è, sì, efficace nel trattenere i microinquinanti, ma il processo è estremamente energivoro e impone un netto aumento dei consumi energetici. C’è poi il tema del trattamento dei microinquinanti stessi. Rispetto a questo tema non c’è una vera risposta; la tecnologia in questo caso non è ancora abbastanza sofisticata. La scelta del Sedif è di re-immettere nei corsi d’acqua il “concentrato” di microinquinanti trattenuto dalle membrane. Questi, quindi, sebbene non arrivino al rubinetto degli utenti serviti da Sedif, non vengono però eliminati: tornano dov’erano, rientrano nel ciclo. La soluzione tecnologica è apparsa quindi come una soluzione parziale, temporanea.
C’è infine la questione dell’investimento previsto. Secondo alcuni, l’introduzione di questa tecnologia potrebbe portare a definire nuovi standard generali, standard però che sarebbero raggiungibili solo adottando lo stesso approccio tecnologico che, però, non tutti gli operatori del settore possono permettersi.
Ed eccoci dunque alla questione principale. Proprio questi ultimi aspetti introducono la questione fondo che i partecipanti al dibattito pubblico hanno fatto emergere con forza: è il tema della solidarietà tra territori, tra comunità e tra attori. Quello della gestione dell’acqua è un sistema complesso, in cui si muovono una molteplicità di attori, chiamati a fornire un servizio pubblico vitale, dovendone garantire la qualità su tutto il territorio nazionale. Il timore espresso da molti partecipanti è che questo progetto possa intaccare il principio di solidarietà che è alla base del sistema stesso.
Un principio che si realizza in maniera molto concreta nella condivisione delle reti e nel reciproco soccorso per garantire, appunto, che l’acqua potabile al rubinetto non venga a mancare mai; un principio che la re-immissione in rete del “concentrato” pare contraddire, imponendo agli altri operatori a valle di trattare una concentrazione maggiore di micro-inquinanti; un principio che vuole garantire il diritto di tutti i cittadini ad avere un’acqua che risponde a criteri di salubrità condivisi e non cittadini di serie A e di serie B.
L’Agorà dell’acqua: verso una governance più condivisa
L’insieme di questi temi, e la loro articolazione, è stato al centro dell’ultimo evento pubblico organizzato dalla Commissione: L’Agorà dell’acqua. Un intero pomeriggio dedicato alla condivisione di una riflessione strategica alla quale hanno partecipato cittadini, studenti, associazioni, ricercatori, rappresentanti delle istituzioni nazionali e locali, operatori del servizio idrico della regione e ovviamente Sedif.
In questa occasione, ed è questo l’insegnamento più importante che, a mio avviso, è possibile trarre da questo dibattito, è stata avanzata la richiesta di prevedere un ulteriore momento di confronto. Un momento che coinvolga tutti gli attori, a livello nazionale, e che, ben al di là del progetto del Sedif, affronti le sfide del settore, si interroghi sull’effettivo impatto dei micro-inquinanti presenti nell’acqua, ragioni di sistemi di prevenzione e approcci curativi, di tecnologie innovative e processi naturali, così come di comportamenti individuali e di politiche pubbliche per l’agricoltura e l’industria che possano disincentivare l’abuso di pesticidi; un momento, soprattutto, che tenga insieme tutto questo in una visione unica inquadrandola nel contesto del cambiamento climatico e della giustizia sociale.
Ancora una volta, prima di andare a cercare la risposta, occorre chiarire la posta in gioco, le implicazioni, la visione strategica e solo una volta affrontato in maniera collaborativa e deliberativa questo problem setting, si può passare a ragionare delle risposte più adatte. Questo almeno se vogliamo uscire dalla visione tecnocratica e ragionare di acqua potabile come bene comune, evitando la deriva che alcuni partecipanti al dibattito hanno evocato immaginando una situazione in cui ciascun territorio si fa la sua acqua “à la carte”.
Affrontare la complessità attraverso la deliberazione e la partecipazione
Grazie all’organizzazione del dibattito pubblico, il progetto di Sedif ha fornito l’occasione per affrontare la questione in maniera pubblica e trasparente, coinvolgendo i cittadini in questa riflessione. Ad oggi, la Francia mi risulta essere l’unico paese ad essersi mosso in questo modo.
L’ascolto di una molteplicità di attori ha permesso di vedere quanto questo tema sia interconnesso con altre questioni, sulle quali l’Unione Europea e i singoli paesi faticano a trovare strategie condivise. A ricordarcelo sono le scene dei trattori che attraversano le strade di tutta Europa per opporsi alle nuove politiche agricole europee che cercavano di contenere l’uso dei pesticidi in agricoltura: proprio l’uso non regolato di pesticidi nelle pratiche di agricoltura intensiva è una delle cause della presenza di micro-inquinanti nell’acqua potabile.
Occorre individuare delle modalità nuove che consentano di tenere insieme la complessità e che garantendo un contesto adeguato permettano a punti di vista e interessi diversi di confrontarsi avendo chiaro un obiettivo comune.
La Commissione del Dibattito Pubblico sul progetto Sedif, tra le varie raccomandazioni, ha chiesto al Ministero della salute e al Ministero della transizione ecologica di organizzare questo ulteriore occasione di confronto tra attori, e con i cittadini, per prendere in carico la questione dell’acqua potabile, e della salute pubblica e della salute dell’ambiente, in maniera coerente e organica. Oggi la Commissione è in attesa di una data per un incontro al Ministero.
Certamente, quasi trent’anni di dibattito pubblico, e due recenti e importanti Convenzioni dei cittadini, quella sul Clima e quella sul Fine vita, pur con tutte le criticità che si possono sollevare, rappresentano un solco entro cui si può cercare di costruire dei modelli nuovi. Per noi, che quel solco non ce l’abbiamo, è certamente più difficile. Eppure, riconosco in tanti soggetti pubblici, in tante multiutilies con cui ho avuto modo di dialogare intelligenze, competenze, sensibilità, disponibilità e consapevolezza. Occorre fare il passo che ancora manca. Organizzarsi. La posta in gioco è alta.
Agnese Bertello è una facilitatrice, esperta di progettazione partecipata, processi deliberativi e Dibattito Pubblico. È stata Presidente della Commissione Particolare “L’acqua potabile in Ile de France”.
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Immagine di copertina: Albert Flamingo su Unsplash