A Ravenna è stato rinnovato il Patto per la gestione condivisa della Casa delle donne.

La città di Ravenna presenta un esempio molto interessante per le tante esperienze legate all’amministrazione condivisa. Nel 2015 è stato approvato il Regolamento per la cura e la rigenerazione dei beni comuni urbani, e da lì – ancora prima che il Comune si impegnasse per pubblicizzarlo – diversi cittadini e associazioni si sono fatte avanti per firmare alcuni Patti di collaborazione. Tra le tante esperienze c’è anche quella della Casa delle donne di Ravenna, oggetto del Patto di collaborazione firmato per la prima volta nel 2016 tra associazione Liberedonne APS  e il Comune. Si tratta di un Patto concluso sulla base della comune visione e priorità dell’associazione e dell’Amministrazione comunale: cioè quella di impegnarsi sempre più per la lotta alla violenza di genere e per la diffusione di una cultura della non-violenza.
Il primo Patto prevedeva una durata di sei anni che si sono conclusi nel 2022, ma nel 2023 l’Amministrazione comunale – convinta dalla positività dell’esperienza – ha rinnovato il Patto per altri tre anni, con scadenza a fine 2026. Come si evince dalle attività e dal ruolo svolto dall’associazione, al centro del Patto vi sono sia beni comuni materiali che immateriali di cui la volontarie si curano: nel primo caso parliamo per esempio del servizio bibliotecario o ancora dell’immobile della nuova sede da riqualificare e gestire; nel secondo caso ci riferiamo al lavoro svolto per mettere al centro temi importanti per la comunità.
Passato quindi un po’ di tempo dall’inizio dell’esperienza e dopo aver ottenuto il rinnovo, abbiamo voluto approfondire e conoscere la realtà della Casa delle Donne. Per questo abbiamo intervistato Barbara Domeninchi, funzionaria del Comune di Ravenna e volontaria presso l’Associazione femminile, che con le sue parole ha aperto una finestra sulle numerose attività che si riesce a svolgere nell’ambito del Patto di collaborazione e sull’impatto positivo che producono nel contesto cittadino. La abbiamo intervistata dunque in qualità di cittadina attiva sia dentro le istituzioni che fuori.

Una casa delle donne e per le donne

Sono quattro le realtà associative che vivono e fanno vivere la Casa. Tutte associazioni femminili e femministe che promuovono nel corso dell’anno numerose progettualità, le quali mettono al centro la questione femminile. Queste si organizzano attraverso momenti di ritrovo e confronto che aiutano la dimensione collettiva. Tra queste, per esempio, il FemTalk- Festival del Dialogo Femminista, dove personalità importanti del femminismo contemporaneo e della politica delle donne sono invitate all’interno di questo festival per condividere le loro esperienze e pensieri e per ascoltarne altre. In questo modo è possibile creare un momento condiviso, anche di elaborazione e riflessione su temi fondamentali della nostra società contemporanea, come il concetto di femminismo intersezionale che unisce tutte le lotte per difendere i diritti di tutte le minoranze.
A ciò si aggiungono tante e diverse attività culturali, proiezioni di film e di documentari. Abbiamo chiesto a Barbara Domenichini di raccontarci qualcosa di più sulle iniziative e sulla quotidiana attività dell’Associazione. Ci racconta che “facciamo anche un’attività diciamo più politica: stiamo attente a quello che succede in città rispetto alle condizioni in cui vivono le donne, alle scelte che la politica fa e come ricadono sulle donne. Se ci accorgiamo che c’è qualche politica particolarmente discriminante o che può diventare discriminatoria interveniamo chiedendo un confronto pubblico su queste scelte”. La Casa infatti è riuscita a costituirsi come attore importante per la sensibilizzazione sul tema del contrasto alla violenza di genere nella comunità, per esempio andando nelle scuole, ma non solo. “Dal 26 novembre scorso ci siamo prese questo impegno, che durerà un anno esatto. Ovvero per ogni nuovo femminicidio che avviene nel nostro Paese, il giorno seguente organizziamo un flashmob di 30 minuti. Ci vediamo e ognuna di noi ha un cartello con sé con scritto: “È Strage” e insieme il nome della donna che è stata uccisa. Raccontiamo la storia di quella donna e poi leggiamo tutti i nomi di tutte coloro che sono state vittime di femminicidio. È una cosa molto dolorosa, ma che sta aggregando moltissimo la città, noi pensavamo di essere ogni volta un po’ di meno, per il pericolo di assuefazione o di abitudine, e invece vediamo che è un’iniziativa che avvicina molte persone e quindi ogni volta siamo in realtà di più. Questa è sicuramente una cosa molto positiva, che ci permette di creare anche molta partecipazione”.

La centralità della biblioteca

Leggendo la storia e il testo del Patto acquisisce centralità il ruolo e la funzione svolta dalla Biblioteca all’interno della Casa, che costituisce un vero e proprio servizio offerto alla cittadinanza. All’interno è custodita una ricca varietà di volumi – circa 5000 tra saggistica e narrativa e altri 2000 specificatamente per bambini e bambine – e vi è inoltre l’archivio storico di documenti dal 1945 al 2010, inserito nella Rete Regionale e Nazionale degli archivi dell’Unione Donne in Italia. Questo rende la Biblioteca un punto di riferimento anche per insegnanti di ogni ordine e grado, per studentesse e studenti e anche per universitari, come chi per esempio necessita di materiale per una ricerca della tesi.
L’attività della Biblioteca stessa è poi gestita e programmata da un gruppo di lavoro costituito da volontarie della Casa. Le iniziative e le attività proposte sono ricche e diversificate, improntate alla promozione della cultura di genere: presentazioni di libri, gruppi di lettura e gruppi studio. Barbara ci ha raccontato come è nata l’idea di fornire un servizio bibliotecario di questo tipo. “Il nucleo della biblioteca già c’era, era gestito da un’associazione femminista che però non aveva più le risorse per garantire orari stabili di apertura al pubblico e quindi funzionava solo su appuntamento. Era uno spreco di possibilità e di opportunità, visto i volumi che conteneva. Per questo abbiamo chiesto una sede che permettesse di ospitare l’Associazione e la Biblioteca nella stessa struttura delle altre realtà associative, in modo tale che ci potesse essere una condivisione nell’impegno di apertura e quindi di fornitura del servizio. L’intuizione è stata giusta perché oggi la Biblioteca funziona molto bene, si è anche ampliata. Questo perché chiaramente più possibilità dai alle persone di accedere al servizio e più utenti ne faranno utilizzo”. L’unicità dell’esperienza non sta solo nella gestione condivisa del servizio che avviene proprio nella cornice del Patto di collaborazione, ma anche nella capacità di diversificare le attività che vi si svolgono, riuscendo a rivolgersi anche al pubblico dei più giovani.  È il caso del progetto “Le pioniere – alla scoperta di donne che hanno cambiato il mondo”, il quale avviene nella sezione Sofia dedicata proprio a infanzia e adolescenza. Il progetto mira a combattere gli stereotipi di genere, raccontando le storie di vita di donne che spesso non vengono narrate e sono lasciate cadere nel dimenticatoio.

Progetto Le Pioniere (Fonte: Sito Web Casa delle Donne Ravenna)

L’utilità del Patto: una cornice in cui agire 

Oggi la Casa delle Donne riesce quindi a svolgere la sua attività quotidiana e a costituire un presidio importante della comunità, nella cornice del Patto di collaborazione firmato con l’Amministrazione comunale. Un Patto piuttosto lungo, che nel 2026 raggiungerà la durata di 9 anni. Per questo abbiamo chiesto alla nostra intervistata qual è l’utilità di avere questo strumento amministrativo e di servirsene per svolgere le proprie attività. “Sicuramente la rapidità e la semplicità con cui ci permettere di realizzare i nostri programmi e idee. Firmare un Patto ti dà la libertà anche di cambiare per esempio un progetto in corso d’opera, se qualcosa va storto, senza dover passare per un ulteriore appesantimento burocratico. Questo fa risparmiare molto tempo e permette di concentrare le energie sul contenuto delle attività e sugli aspetti operativi. Operare nella cornice del Patto ci permette di avere anche il tempo di consolidare le buone relazioni tra di noi e le attività che servono per radicarci nel territorio. L’altro aspetto indubbiamente positivo è che con la firma del Patto è possibile ottenere la gestione di uno spazio, che diventa la sede dove svolgere tutti i progetti. Altrimenti sarebbe più complesso e dispendioso trovare un luogo fisico dove fare lo stesso”.
L’elemento temporale è sicuramente fondamentale: avere la garanzia di poter usufruire dell’accordo per un certo periodo di tempo è funzionale affinché la stessa collaborazione produca i suoi effetti. Spesso non si riesce a garantire continuità negli accordi e quindi diventa difficile per i cittadini che si impegnano con l’Amministrazione riuscire a portare avanti in maniera efficace e consolidata le progettualità previste.
L’esperienza della Casa ce lo dimostra: nei primi sei anni del Patto è stato possibile impostare un lavoro di radicamento e consolidamento che ha reso la Casa un vero polo di riferimento per la città tutta. Un passaggio fondamentale nella genesi del Patto è dato anche dallo strumento della co-progettazione, valutata positivamente dalla stessa Barbara Domenichini che ha preso parte a questi processi in prima persona. “La co-progettazione è utile perché noi ci confrontiamo quasi sempre tra di noi o con le associazioni con cui solitamente collaboriamo, di cui ormai conosciamo bene le dinamiche e i pensieri. Al contrario, la co-progettazione ci dà la possibilità di confrontarci con altri attori più distanti dalla nostra cerchia, e grazie al supporto dell’ufficio comunale che conosce anche gli altri Patti di collaborazione è possibile creare sinergie nuove con cui collaborare. Pertanto, la co-progettazione è uno strumento utile ad ampliare le alleanze e a migliorare le competenze”.

È strage: il flash mob della Casa delle Donne di Ravenna in piazza del Popolo all'indomani di ogni femminicidio - Foto, Photogallery

È strage: il flashmob della Casa delle Donne di Ravenna in piazza del Popolo all’indomani di ogni femminicidio (Fonte: RavennaNotizie)

Alcune considerazioni e prospettive future

Nell’intervista, Barbara Domenichini evidenzia anche quelle che sono le criticità che possono emergere quando si avvia l’esperienza di un Patto, da cui però possono emergere anche delle prospettive future interessanti. Il tema dell’amministrazione condivisa, infatti, non è ancora ampiamente diffuso e condiviso come potrebbe. Labsus, per inciso, si inserisce proprio in questa sfida, con l’obiettivo di far conoscere sempre di più il valore di esperienze frutto di percorsi di amministrazione condivisa. Spesso questo genera difficoltà a comprendere cosa si nasconda dietro questo concetto.
Come dice Barbara, “sono criticità legate più che altro a una scarsa e condivisa conoscenza del Regolamento dei beni comuni o comunque dei principi alla base di questo. In generale vi è anche una tendenza della politica a mettere tutto a profitto, e quindi se c’è uno spazio pubblico disponibile, l’idea è che questo debba necessariamente essere messo a bando. Questo tipo di difficoltà, nel comprendere il concetto di bene comune, emerge ad oggi soprattutto dalle forze di opposizione che mettono in discussione le modalità di assegnazione degli spazi”.
Nelle parole di Domenichini emerge anche l’evidente difficoltà di dover spiegare più volte il concetto, specialmente quando vi è il ricambio degli amministratori, come se questo concetto avesse difficoltà a sedimentarsi nella cultura amministrativa e in parte anche nella cittadinanza. Alcune volte questo può essere all’origine di alcune problematiche di comunicazione con l’Amministrazione, per esempio, o può costituire un potenziale rischio di balzo indietro rispetto a percorsi che vengono già iniziati e poi magari costretti a interrompersi.
Quanto detto però non ha mai costituito una ragione per le volontarie della Casa delle Donne per fermare il loro percorso, anzi la loro realtà è cresciuta moltissimo, ha aggregato sempre più persone e per questo ora chiedono la disponibilità di una sede più grande – adeguata alle nuove esigenze – e accessibile.
Come ci racconta Barbara, è stato già individuato un immobile che le attiviste conoscono bene perché già svolgono attività di cura e manutenzione del giardino adiacente alla struttura. “Il problema è che bisogna riqualificare la struttura, non si tratta di un intervento di grande portata, ma in questo momento è difficile reperire fondi e soprattutto qualsiasi cosa costa moltissimo. Però non abbiamo nessuna intenzione di cedere e quindi abbiamo chiesto di poter utilizzare il giardino che era totalmente abbandonato, di cui noi ci stiamo prendendo cura da quattro anni. L’abbiamo rimesso a posto, riuscendo anche a costruire relazioni con le persone che ci vivono attorno e che oggi sono molto contente di vedere così un luogo prima abbandonato e di cui avevano paura”.
L’obiettivo, quindi, è quello di spostarsi in questa nuova sede, con spazi più adeguati ad una comunità, come quella della Casa delle Donne, che si è allargata e che svolge un importante ruolo di presidio sociale all’interno della Città. Questo grazie al lavoro e all’impegno di anni delle volontarie, reso possibile nel quadro di un Patto di collaborazione con l’Amministrazione comunale che ha supportato queste cittadine attive.

Immagine di copertina: La Casa delle Donne di Ravenna