I beni confiscati come beni comuni: la legge 109 del 1996.
“Un milione di firme per l’utilizzo sociale dei beni confiscati ai mafiosi” – “Raccogliere entro l’estate un milione di firme: è l’obiettivo della prima campagna nazionale promossa dall’associazione Libera per chiedere l’utilizzo a scopi sociali dei beni confiscati ai mafiosi”. Così inizia l’articolo che viene pubblicato nello stesso giorno, il 30 giugno 1995, su 27 quotidiani a firma di Luigi Ciotti, per giungere alla restituzione allə cittadinə delle ricchezze illecitamente accumulate dalle mafie.
Oggi, dopo 28 anni dall’approvazione della legge 109, con 1065 soggetti della società civile organizzata che gestiscono beni confiscati, possiamo scrivere con convinzione che il primo obiettivo è stato raggiunto: i beni confiscati, da espressione del potere mafioso, si sono trasformati in beni comuni, strumenti al servizio delle nostre comunità. Più di 500 associazioni di diversa tipologia, oltre 30 scuole di ogni ordine e grado che usano gli spazi confiscati come strumento didattico, cinque cooperative di lavoro che aprono la riflessione sul riuso delle aziende confiscate. 1065 esperienze che, tutti i giorni, incidono nel tessuto territoriale e costruiscono economia positiva. Un’economia che tuttə noi possiamo toccare con mano e che cambia radicalmente le nostre vite. Poter firmare un contratto di lavoro vero, poter usufruire di servizi di welfare laddove lo Stato sembra non arrivare, poter costruire il proprio futuro nel mondo del lavoro: tutto parla di un Paese che ha reagito alla presenza mafiosa e che con orgoglio si è riappropriato dei suoi spazi.
Il report RimanDATI.
Nel 2024 siamo giunti alla terza edizione di RimanDATI, l’unico report in Italia che indaga lo stato della trasparenza degli Enti territoriali in materia di beni confiscati. Questa edizione rappresenta per tutta Libera un punto di svolta: la forza della comunità monitorante ha infatti trovato corrispondenza nei risultati raggiunti. Oltre 100 volontariə in tutta Italia hanno partecipato un percorso di formazione e di confronto, che ha dato vita a una squadra di 41 persone, tutte attive a rilevare il livello di trasparenza. Ma ancora di più, possiamo raccontare una percentuale di comuni trasparenti che arriva al 45% nella prima ricognizione, per salire al 65% dopo l’invio delle domande di accesso civico. In generale i dati migliorano in tutte le regioni, con punte significative, considerato il peso regionale, per Campania, Piemonte e Liguria. Risale lentamente la Calabria che passa dal 18,8% dello scorso anno al 49,8% di questo. Lo stesso dicasi per la Sicilia, dove, a fronte del 29,9% del 2022, nel 2023 arriva al 56,5%. È bene in ogni caso ricordare che tali considerazioni vanno lette con la massima cautela, dato il numero significativo degli immobili confiscati che gli enti locali in queste regioni sono chiamate a gestire.
I risultati di questo report sottolineano un avanzamento (anche se non totale) degli Enti territoriali italiani, verso un grado maggiore di trasparenza. Uno sforzo, che sappiamo essere stato importante, verso le istanze presentate dallə cittadinə e riconosciute dalla legge; le oltre 700 risposte alle domande di accesso civico, con gradi diversi di consapevolezza, sono la testimonianza della volontà da parte degli Enti pubblici di voler garantire la piena partecipazione della comunità. Perché di questo si tratta: poter trasformare l’impegno dellə cittadinə in una forza concreta nella progettazione e nella realizzazione delle politiche pubbliche. RimanDATI è per noi uno strumento per attivare rapporti con il mondo degli Enti territoriali di prossimità, che sono ingranaggio fondamentale dell’intera filiera della confisca e del riutilizzo. Raccontare questi dati è un modo per renderli protagonisti e riconoscere i miglioramenti che ci sono stati in questi ultimi anni.
Dopo questi primi anni di studio e ricerca, quindi, possiamo confermare che il nostro obiettivo principale, nella stesura di RimanDATI, è quello di imparare a trasformare i dati in storie. Ogni numero, ogni punteggio, ogni informazione verificata è per noi una storia: un’esperienza di riutilizzo ben riuscita, una pratica da sostenere o da migliorare, un processo di partecipazione che diventa prassi. Il potere dei dati, e di tuttə coloro che ne diventano interpreti, è quello di provocare dei cambiamenti nella comunità che li produce e di contaminare positivamente i rapporti che si generano. Con RimanDATI vogliamo provocare un cambiamento decisivo nella filiera della confisca e del riutilizzo, che possa trasformare i beni confiscati in beni comuni.
Il nostro percorso politico.
RimanDATI si colloca dentro un percorso più complesso, che vede impegnata Libera nella costruzione di una rete di soggetti gestori che possa portare avanti delle rivendicazioni politiche sul tema della confisca e del riutilizzo. Raccontiamo il bene, iniziato nel gennaio 2023, ha come obiettivo quello di tutelare lo strumento del riuso sociale attraverso tutte quelle esperienze concrete che ne hanno dimostrato la solidità e la sostenibilità nel tempo; Libera vuole, così, far crescere in modo esponenziale le storie di rigenerazione intorno ai beni confiscati, preservando lo strumento della confisca nel suo senso risarcitorio più profondo. Tutto questo accade mentre dal governo arrivano segnali contrastanti sul sostegno agli Enti locali: basti pensare a tutte le misure definanziate all’interno del PNRR, fino ad arrivare al disegno di legge sull’autonomia differenziata, che bloccherebbe lo sviluppo di intere aree del nostro Paese. È forse una delle conseguenze di quella tendenza alla “normalizzazione”, più volte denunciata da Libera, che sta facendo quasi scomparire il tema della lotta alle mafie dall’agenda politica, applicando solo misure di polizia e ordine pubblico, e riducendola così a uno dei tanti problemi marginali del Paese. Sempre di più prende piede un approccio privatistico al tema del riutilizzo dei beni confiscati: nel dibattito pubblico si parla del tema della vendita e della rimodulazione delle misure di prevenzione, si banalizzano le criticità che affliggono la materia e la brutta abitudine a piegare i numeri ai propri fini. A questo proposito, segnaliamo che nel mese di luglio l’ANBSC (Agenzia nazionale dei beni sequestrati e confiscati) e il MASAF (Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste) hanno stipulato un accordo istituzionale che prevede la pubblicazione di bandi pubblici finalizzati all’assegnazione dei terreni agricoli confiscati e non optati a giovani agricoltori, verso la corresponsione di un canone agevolato. Libera, in rete con Legambiente, Forum del Terzo Settore, Cgil, Avviso Pubblico, Arci e Legacoop ha inviato una lettera ai due enti, con la quale chiede un’interlocuzione per la creazione di un tavolo di lavoro permanente tra ANBSC, MASAF, i rappresentanti del terzo settore e della cooperazione: l’accordo così come presentato, infatti, apre la possibilità di affitto dei terreni solo a imprese agricole giovanili, soggetti economici totalmente privati e profit, senza prevedere il coinvolgimento dei Comuni, del Terzo Settore, della cooperazione e del sindacato, che potrebbero svolgere un ruolo di promozione, affiancamento e coinvolgimento delle comunità locali rappresentato dalle buone pratiche di economia sociale.
Tutti questi messaggi convergono su una lettura superficiale e ingiusta, a partire dalla quale si getta un discredito generalizzato su uno strumento che, invece, ha consentito una vera e propria rivoluzione. Lo gridiamo con forza da sempre: combattere le mafie e la corruzione vuol dire attivare percorsi di giustizia sociale e farsi gambe per i diritti dellə cittadinə e delle comunità. Le risorse economiche, seppur non totalmente sufficienti, sono lo strumento principale per fare in modo che questi percorsi prendano forma; le mafie e la corruzione, infatti, arrivano dove la comunità è più vulnerabile, dove i diritti sono solo traccia scritta del nostro vissuto e non parte integrante della nostra vita. I beni confiscati, nella loro accezione di beni pubblici e beni comuni, sono uno strumento per la realizzazione completa dei nostri territori, e in quanto tali non possono subire attacchi o arretramenti. Con il nostro impegno antimafia siamo riuscitə a trasformare questi beni da beni esclusivi a beni di comunità: scuole, centri di aggregazione, esperienze produttive, luoghi di accoglienza e di cura, senza dimenticare le significative esperienze legate alle aziende confiscate e rimaste sul mercato grazie all’impegno delle cooperative di lavoro. Insomma, un enorme lavoro plurale che ha rafforzato il tessuto sociale e che tiene unite le relazioni di una comunità, facendo da modello anche sul piano europeo e internazionale.
Quale orizzonte per tuttə noi.
La strada è tracciata: i beni confiscati sono diventati beni comuni in questi ventotto anni di normativa antimafia; sono presidi di legalità e di giustizia sociale, sono espressione di quel mutualismo che salva i territori dalla presenza mafiosa. La trasparenza e la condivisione di queste informazioni diventa così, il motore della nostra partecipazione alla definizione delle politiche pubbliche e delle azioni di inclusione; senza la conoscenza del dato e la trasformazione di quest’ultimo in una storia non possiamo immaginare una società diversa.
E allora, saremo partigianə: i beni confiscati sono i nostri luoghi comuni, spazi di costruzione del nostro agire di movimento antimafia. Continueremo a stare dalla parte della coesione e della giustizia sociale, contro ogni tentativo di depotenziare il segno che lasciano queste esperienze.
Da questo parte la nuova edizione di RimanDATI: con l’obiettivo di costruire comunità sempre più coese e per rafforzare il patto di collaborazione tra le amministrazioni e lə cittadinə tuttə, abbiamo deciso di iniziare la nostra azione rivolgendoci agli enti locali: una guida alla compilazione dell’elenco dei beni confiscati, dei momenti di formazione e di confronto per attivare nuove strategie di valorizzazione, l’alleanza con partner importanti che già operano in questa direzione. Dal 13 settembre, data in cui pubblicheremo la guida e inizieremo a percorrere questa strada, ognuno di noi cittadinə attivə avrà un pezzo di responsabilità in più.
Chiudiamo, quindi, con le stesse parole che nel 1995 hanno guidato l’azione di Libera e anche, oggi più mai, sono al centro del nostro agire:
“Vogliamo che lo Stato sequestri e confischi tutti i beni di provenienza illecita, da quelli dei mafiosi a quelli dei corrotti. Vogliamo che per i mobili e beni immobili confiscati siano rapidamente conferiti, attraverso lo Stato e i Comuni, alla collettività per creare lavoro, scuole, servizi, sicurezza, lotta al disagio”.
Tatiana Giannone – Referente nazionale del settore beni confiscati di Libera
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Immagine di copertina: Franz26 su Pixabay.