L’Imu è l’aspetto più scottante, ma anche quello più superficiale in un problema di fondo che in Italia si chiama casa. E la questione casa, oggi, si presenta sotto tanti aspetti: quello della cronaca degli affitti d’oro, o di chi occupa appartamenti o edifici sfitti (più di quattro milioni e mezzo secondo BankItalia), fino ai risvolti più profondi, da quello economico a quello sociale e morale. Da un lato l’Italia della tradizionale casa di proprietà fa i conti con una crisi dell’edilizia e del mercato immobiliare che dura dal secondo semestre del 2006 e non riesce a innovare il ciclo produttivo; dall’altra si assiste alla paralisi di quella edilizia popolare o ” social housing ” che è stata efficace fino agli anni ’70 e ’80, e che aveva in astratto un obiettivo nobile: trovare il modo migliore per diffondere la proprietà edilizia nei ceti popolari, limitando i danni dello statalismo, del clientelismo demagogico, dell’utopismo.
Il fallimento dell’ housing sociale
L’abusivismo, il rispetto relativo dei piani regolatori, il diritto alla casa trasformato in pretesto per violare la bellezza e l’identità dei nostri paesaggi, o spianare la strada al degrado, dalle grandi periferie urbane alla provincia industrializzata: la morale è una, l’housing sociale ha esaurito il suo ciclo. I bilanci non lo consentono, rendono difficile persino la sua versione 2.0 (basata su affitti agevolati), e la sua incidenza oggi è minima sul totale delle locazioni, secondo le ultime ricerche fatte da Cassa depositi e prestiti, Banca d’Italia e Scenari immobiliari.
Casa oggi: come? Andiamo a San Lazzaro
Il mercato allora prova ad adeguarsi con bilocali o case familiari più dimensionate, ma non basta: serve un’offerta che “rivolti il sistema come un calzino”, applichi tecnologie a partire dall’allestimento dei cantieri, ma soprattutto coinvolga i cittadini, il loro spirito di solidarietà . Come per esempio alle Mura San Carlo di San Lazzaro (Bologna), dove da agosto è partita la costruzione di una casa ecologica condominiale condivisa, con aggiornamenti costanti via Facebook. Un’iniziativa promossa dall’associazione ” E’ /cohousing ” di Bologna, nata nel 2009, a fare da traino è stata la ” Cooperativa Co-Housing Mura San Carlo”, che aveva vinto il bando per l’assegnazione del terreno in diritto di superficie. E sul lotto dove sorgeva una casa demolita e sostituita da due edifici con sviluppo verticale di proprietà comunale, oggi si realizza un edificio di 12 alloggi, tutti privati, da 93 o 72 metri quadri con molti spazi comuni, attrezzature e servizi condivisi: dalla lavanderia alla sala musicale, dalla stanza per il bricolage all’officina per riparazioni con attrezzi in comproprietà , fino a una sala in comune con cucina per pranzare o cenare insieme, quando se ne ha voglia, con un giardino da 600 metri aperto sul parco pubblico.
San Lazzaro…e il co-housing in Italia
Caso isolato? Oasi felice? No, semplicemente il co-housing. Apparentemente stiamo parlando di un fenomeno troppo lontano da noi, per tempi e per luoghi. Se ne parla già dalla fine del Settecento, ma lasciando da parte tutto quanto riguarda teorie sociologiche, piani di architetti o disegni di urbanisti – lanciati soprattutto tra ‘800 e primo ‘900 – il messaggio del co-housing ha lasciato la carta dagli anni ’80 (Danimarca, Australia, Canada, Giappone, Stati Uniti, Belgio, Germania, Gran Bretagna, Olanda e Svezia). E il messaggio è piuttosto chiaro: 1) fare riuso mirato di ciò che esiste, oppure nuovi e piccoli complessi eco-compatibili e a risparmio energetico, attraverso un percorso di progettazione partecipata; 2) partire da un mix di risorse (economiche e non) messe in comune tra i co-housers (dalle 20 alle 40 famiglie); 3) aree condivisibili (coperte o scoperte) con servizi ad alto valore aggiunto decisi dai cittadini.
In Italia esistono tantissimi progetti di condomini solidali, dal 2010 è attiva una rete italiana che collega esperienze e informazioni. Spesso il nodo centrale è aggregare i gruppi di cohousers necessari per acquistare edifici e i terreni su cui edificare, e sono tante le associazioni di cittadini impegnate sul territorio per accordi specifici con gli enti locali. E come visto, c’è chi ce la sta facendo: un bel modo di condividere il proprio futuro.
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