La liberazione dal giogo criminale, per rilanciare l ' economia sociale

Le organizzazioni criminali si impossessano del capitale sociale per i propri fini distorcendone le caratteristiche, rendendolo bonding, vale a dire chiuso

Per il rilancio dell’economia in un contesto globalizzato, dove la produzione di beni avviene in paesi con bassissimi costi di produzione, è necessario puntare su quelle attività  produttive che valorizzano le peculiarità  dei territori, sostengono i processi di innovazione di prodotto e rafforzano la produzione di beni che non possono essere venduti in luoghi distanti da quelli dove vengono prodotti.
Ma combattere la crisi significa anche liberare l’economia dal giogo imposto dalla criminalità  organizzata che ha raggiunto una dimensione economica enorme al punto da rappresentare un ulteriore freno allo sviluppo dei territori. Le mafie esercitano violenza per raggiungere i propri obiettivi illeciti sottomettendo persone, organizzazioni produttive e interi territori, innescando meccanismi viziosi che con l’imposizione del giogo conducono all’impoverimento economico, civile e sociale.

L’usurpazione del capitale sociale

Le organizzazioni criminali, per raggiungere i propri obiettivi, si impossessano di un input strategico, il capitale sociale, la cui dotazione ed accumulazione è fondamentale per lo sviluppo economico e civile dei territori. Esse, infatti, deviano per i propri fini il capitale sociale distorcendone le caratteristiche, rendendolo bonding, vale a dire chiuso.
Il capitale sociale rappresenta, quindi, l’elemento centrale con cui costruire politiche preventive di contrasto alla criminalità  organizzata complementari a quelle repressive messe in atto dalle forze dell’ordine e dalla magistratura. La creazione e l’intensificazione di un adeguato processo di accumulazione di capitale sociale ‘puro’ può contribuire alla liberazione dal giogo imposto dalla criminalità  organizzata nei territori dove massiccia è la sua presenza, che distorce le regole di funzionamento dei mercati e compromette lo sviluppo sociale ed economico.

Capitale sociale ‘mafioso’ e capitale sociale ‘puro’

Un’adeguata dotazione di capitale sociale ‘puro’ può consentire di generare un incremento delle relazioni tra gli individui perché si migliorano ” … istituzioni, relazioni e norme che modellano la qualità  e la quantità  delle interazioni sociali di una società  ” (Banca Mondiale, 2004). In particolare, poi, esso ha caratteristiche che lo rendono un asset in possesso non solo di un singolo o di più individui, ma che è alla base della struttura delle relazioni tra persone.
Questa caratteristica lo rende un bene comune, in quanto coloro che partecipano alla sua produzione, vale a dire che partecipano alla realizzazione delle reti fiduciarie, o a quelle strutture relazionali che contribuiscono a diffondere la condivisione per il rispetto di regole comuni, non producono esclusivamente benefici per sé, ma anche per tutti gli altri individui che fanno parte del network.

Capitale sociale e fiducia

Esso, inoltre, alla pari del capitale fisico e umano, rappresenta un input della produzione che non si estrinseca in un bene o prodotto tangibile, ma produce, piuttosto, ” valori immateriali e simbolici ” . Il capitale sociale è poi strettamente connesso alla fiducia perché è in grado di generare tra gli individui ” la capacità  di riconoscersi e intendersi, di scambiarsi informazioni, di aiutarsi reciprocamente e di cooperare per obiettivi comuni ” (Mutti A., 1998).
Il capitale sociale costituisce, quindi, un input fondamentale per lo sviluppo dei territori e se ne richiede l’accrescimento, il rafforzamento ma soprattutto la sua ri-generazione e ri-appropriazione proprio dove è più forte e incontrastata l’azione delle mafie.
Una sua diffusione ed accumulazione agisce in termini positivi sulla coesione sociale e, se opportunamente orientato al fine del raggiungimento di un obiettivo di interesse generale, può consentire, come nel caso della lotta alla criminalità  organizzata, la generazione di un’azione complementare di prevenzione a quella di repressione, producendo un valore aggiunto più elevato.

Lo sviluppo locale come obiettivo di interesse generale

E’ necessario, perciò, individuare ruolo e potenzialità  di risorse specifiche e di forme di economia nelle quali la funzione obiettivo non è rappresentata dal mero perseguimento, seppure legittimo, del profitto, ma da una funzione obiettivo che comprende argomenti più ampi, come l’interesse generale, che siano in grado di produrre quei beni pubblici, come il capitale sociale ‘puro’, che rafforzano i percorsi di crescita sana.
Un obiettivo questo che può essere perseguito sviluppando l’economia sociale come modalità  diversa di organizzazione della produzione di beni e servizi con la quale è possibile generare la ricostruzione della coesione sociale, attraverso sentieri di crescita che partano dal basso convogliando per il raggiungimento di obiettivi comuni risorse aggiuntive ed incrementando quei fattori strategici per lo sviluppo locale come la dotazione di capitale sociale ‘puro’.

L’economia sociale come nuovo modo di fare economia

Le potenzialità  dell’economia sociale possono essere messe in moto grazie al protagonismo dell’impresa sociale, riconosciuta dal legislatore italiano con il d.lgs. 155/2006. Quest’ultima risulta avere caratteristiche identiche all’impresa tradizionale for profit per quanto attiene la struttura, attività  e natura di organizzazione economica che combina fattori e li trasforma in beni e servizi da vendere sul mercato. Differisce, invece, per lo scopo per il quale viene realizzato l’output, che nel caso dell’impresa for profit è tipicamente legato al criterio di economicità  e massimizzazione del profitto; mentre per l’impresa sociale è rappresentato dalla massimizzazione dell’utilità  sociale che deve essere garantita rispettando il criterio di economicità , che ne consente la sopravvivenza e lo sviluppo di lungo periodo.

Nuove sfide e opportunità  per l’economia sociale

La promozione dell’economia sociale può fornire un utile contributo alla crescita dei territori e alla lotta alle mafie poiché concorre a ri-orientare il consenso sociale che le organizzazioni criminali hanno usurpato, reindirizzandolo al sostegno di percorsi di sviluppo sano e civile che può guidare gli individui a preferire le attività  legali a quelle illegali. Lo sviluppo di particolari forme di imprese sociali che agiscano da ricostruttori delle relazioni tra le persone e producano beni e servizi di utilità  sociale può rappresentare un interessante percorso, su cui incamminarsi in modo molto più deciso, perché capace di preservare i punti vitali che le mafie attaccano per assoggettare persone, istituzioni e territori.
Una possibilità  che proviene anche dalla legge che impone il riutilizzo sociale dei beni confiscati (L. 109/1996 e d.lgs. 159/2011) che prevede quali concessionari privilegiati proprio le organizzazioni dell’economia sociale e che consente enormi potenzialità  nel campo del contrasto alla criminalità  organizzata perché in grado di rafforzare proprio quei processi di ri-conversione, ri-costruzione e di ri-appropriazione del capitale sociale trasformandolo in capitale sociale bridging e, cioè, capace di costruire ponti tra le persone e le istituzioni.

Uno sviluppo dal basso centrato sul protagonismo delle comunità 

Le stesse organizzazioni appartenenti all’economia sociale, si pensi alle associazioni nonprofit, alle cooperative sociali, all’impresa sociale etc., poiché in grado di sostenere reti ed essere sostenute da reti sono, esse stesse, forme di capitale sociale. La diffusione e il sostegno nei territori con bassa dotazione di imprese sociali potrebbe contribuire ad innescare processi di crescita endogeni e in grado di produrre risultati duraturi in termini di coesione sociale e benessere per la comunità . Appare chiaro, quindi, il ruolo del capitale sociale nel generare processi di crescita sociale e virtuosi centrati su percorsi di coesione che partono dal basso, e cioè endogeni, e non imposti ai territori da interventi di policy calati dall’alto, trascuranti le specificità  delle comunità  locali. Un approccio che punta al coinvolgimento delle comunità  e delle Istituzioni e che si ispira alla logica dei modelli di partenariato tra pubblico e privato e dell’amministrazione condivisa.

Una sfida questa che può essere condotta dall’economia sociale perché orientata a massimizzare un obiettivo di interesse generale, condiviso dalle comunità , per il cui raggiungimento risulta strategica l’individuazione del modello di governance multistakeholder più inclusivo ed efficiente.

(michele.mosca@unina.it)
Dipartimento di Scienze Politiche
Università  degli Studi di Napoli ‘Federico II’
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