I primi tre anni di funzionamento dell’Ice hanno permesso di evidenziare i punti di forza e le debolezze di questo strumento di democrazia partecipativa. Parlamento europeo e Commissione hanno cercato di fare il punto della situazione in due distinti documenti, volti anche a guardare agli sviluppi futuri di questo strumento.
L’Ice e la democrazia trasnazionale
Salutata come il primo esempio al mondo di democrazia diretta transnazionale o di e-democracy transnazionale (grazie alla possibilità di procedere alla raccolta firme online), l’ Iniziativa dei cittadini europei è stata spesso paragonata alla forma di democrazia diretta più diffusa al livello degli stati nazionali: la legge di iniziativa popolare. L’Ice, prevede che ” cittadini dell’Unione, in numero di almeno un milione, che abbiano la cittadinanza di un numero significativo di Stati membri, possono prendere l’iniziativa d’invitare la Commissione europea, nell’ambito delle sue attribuzioni, a presentare una proposta appropriata su materie in merito alle quali tali cittadini ritengono necessario un atto giuridico dell’Unione ai fini dell’attuazione dei Trattati ” .
Successi e prospettive
Secondo i dati forniti dallo studio commissionato dal Parlamento europeo, a febbraio 2015 sono state lanciate cinquantuno Iniziative dei cittadini europei (in realtà quarantasei perché cinque hanno usufruito del diritto di ritiro da parte dei proponenti e successiva registrazione in un momento ritenuto più adatto). I dati segnalano un decremento nella registrazione delle Ice a partire dal 2014.
Nei primi tre anni di vita dell’Ice gli oltre cinque milioni di firme complessivamente raccolte da tutte le Ice, si sono concentrati su tre iniziative – One of Us, Right2Water, Stop Vivisection – evidenziando come solo le Ice che possono contare su ingenti finanziamenti e su una rete europea di volontari hanno una possibilità di riuscita. Le tre Ice, oltre ad aver raggiunto (e superato) l’obiettivo del milione di firme, hanno ricevuto una risposta ufficiale da parte della Commissione, che però è stata molto al di sotto delle aspettative. La Commissione infatti, non ha ritenuto di dover procedere alla presentazione di un progetto di legge sui temi indicati dalle iniziative.
Nodi irrisolti
- Malgrado l’iniziativa sia finalizzata al coinvolgimento dei cittadini europei è fin troppo chiaro che un milione di cittadini europei, provenienti da almeno sette stati membri, non riusciranno mai a raccogliere le firme necessarie, senza l’appoggio e il finanziamento delle grandi reti della società civile europea.
- Il ruolo della Commissione sembra individuare un conflitto di interessi: la Commissione infatti svolge un ruolo determinante nella presentazione di un Ice, esercitando un potere ex ante sulle Iniziative (decide quale ammettere o meno) ed ex post (decide se dare seguito o meno alle iniziative).
- Presentata come uno strumento per incidere sull’agenda politica europea, in realtà l’Ice è costretta a fare i conti con le caratteristiche del processo decisionale europeo e con il suo estremo tecnicismo. Non è chiaro infatti se debba essere presentata nella forma di una vera e propria bozza di legge o di una petizione alla Commissione. Questa libertà di scelta, da una parte può generare confusione nei firmatari e dall’altra lascia mano libera alla Commissione di decidere se privilegiare gli obiettivi generali dell’iniziativa o la bozza di legge.
- Non mancano le difficoltà tecniche legate alle diverse modalità di raccolta firme, nonché alla necessità per il comitato promotore di dotarsi di un service provider autonomo.
Il futuro dell’Ice
Molte sono le iniziative in campo per riformare l’Ice e proprio in questi giorni sono in discussione al Parlamento europeo alcune proposte di riforma. Come afferma il documento stilato dalla Commissione, è ancora troppo presto per verificare l’impatto di lungo periodo dell’ Iniziativa dei cittadini europei sui processi decisionali europei. Resta il fatto che sono molte le carenze sul piano della conoscenza di questo strumento da parte dei cittadini e sul sostegno da parte delle stesse istituzioni.
L’attuale fase di crisi del processo di integrazione europea potrebbe al contrario trovare una risposta nel potenziamento degli strumenti partecipativi, aprendo le istituzioni ad un dialogo sempre più aperto con i cittadini e favorendo dinamiche di rete, capaci di stimolare la conoscenza reciproca e di valorizzare le buone pratiche.
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