La città di Roma vanta un’antica tradizione di orti di comunità , in gran parte legata all’esperienza degli orti di guerra realizzata durante il secondo conflitto mondiale, quando i giardini pubblici e le aree verdi furono trasformati in aree coltivabili, ivi comprese le aree occupate dai monumenti storici.
Dalla mappa elaborata da Zappata romana emerge che attualmente a Roma esistono 150 orti, divisi in orti di comunità , community gardens, spot gardens.
Dall’anarchia creativa al regolamento
La caratteristica della maggior parte degli orti romani è quella di essere nati da un’occupazione di un terreno pubblico, con la finalità di tutelarlo da una speculazione e di recuperarlo da una condizione di degrado. Tale vizio di nascita fa si che essi attraversino una fase più o meno lunga di ” clandestinità ” , che li espone a possibili interventi da parte dell’amministrazione pubblica.
La delibera approvata il 17 luglio, con la quale il Comune di Roma adotta il ” Regolamento per l’affidamento in comodato d’uso e per la gestione di aree a verde di proprietà di Roma Capitale compatibili con la destinazione a orti/giardini urbani ” , soddisfa le aspettative degli ortisti, senza però rinnegare una libertà d’iniziativa che ha rappresentato fino a questo momento la forza propulsiva di tali attività .
Passi in avanti e criticità
La delibera segna il punto di arrivo di un lungo percorso partecipativo, ma al tempo stesso costituisce il punto di partenza per il suo ulteriore perfezionamento. I momenti di confronto con gli ortisti romani servono proprio a far emergere eventualità criticità a partire dall’esperienza quotidiana di coloro che vivono queste realtà .
Per quanto riguarda i soggetti interessati, la delibera fa riferimento alle Associazioni o Gruppi Costituiti (AGC) no profit (art. 1), non chiarendo se i cittadini interessati devono essere già costituiti in associazione al momento della richiesta; resta il fatto che il rapporto con l’amministrazione è garantito dall’intermediazione di una realtà associativa che poi procede all’assegnazione dei lotti ai cittadini che ne fanno richiesta.
Un aspetto importante riguarda la regolamentazione delle attività degli orti che è demandata a regolamenti interni che ” assicurino il rispetto degli obiettivi socio-ambientali posti da Roma Capitale nel progetto Orti Urbani Sociali ” (art. 13).
Una delle criticità maggiori riguarda gli oneri finanziari che sono totalmente a carico degli AGC affidatari, ivi comprese le utenze e l’assicurazione per danni a cose e persone.
L’orto come bene comune
Dalla discussione è emerso che un regolamento deve servire a:
- legittimare l’uso di un bene comune da parte di un gruppo di cittadini
- gestire i conflitti interni
- garantire la sostenibilità del progetto nel tempo
- garantire l’ ” orto diversità ”
Gli orti infatti sono e restano beni comuni, che hanno storie e finalità diverse che vanno al di là della tutela ambientale e del recupero del territorio. Servono a creare socialità e a ” sviluppare la resilienza della comunità ” ; offrono l’opportunità di ” creare percorsi di cittadinanza attiva come occasioni di aggregazione sociale che favoriscano i rapporti interpersonali, la conoscenza e la valorizzazione dell’ambiente urbano, sviluppando momenti di socialità e di incontro ” .
ALLEGATI (1):