Le opportunità  applicative aperte dal Regolamento: il punto di vista dell'amministrazione

Non solo si può fare ma è doveroso, da parte dell'amministrazione, sostenere le iniziative dei cittadini attivi

Come è accaduto che ti sei ritrovato coinvolto nella nascita del Regolamento?

È stata una circostanza del tutto casuale, ovvero una riunione organizzata con Labsus a cui partecipai su invito del Direttore Generale del Comune di Bologna. All’epoca ero a capo dell’Ufficio per la semplificazione amministrativa e perciò presi parte a questo confronto; l’intento era capire come la sussidiarietà orizzontale potesse aiutarci a risolvere problemi di ordine quotidiano con cui si confrontava il Comune. Il caso ha voluto che proprio in quelle settimane fosse arrivata la proposta di un gruppo di nostre concittadine che si offriva di realizzare un intervento di abbellimento di una piazza. L’iter per formalizzare questa collaborazione si è rivelato piuttosto complicato.
Sebbene avessimo tradizionalmente delle intense relazioni di collaborazione con il mondo dell’associazionismo, davanti a queste iniziative da parte di cittadini singoli il nostro ente era infatti scarsamente attrezzato.

Come gestivate le esperienze di cittadinanza attiva, prima del Regolamento?

Ce n’erano molte ma non posso nascondere che alcune difficoltà e strozzature le incontravamo anche con le associazioni. La cosa divenne lampante dopo aver lanciato nel 2012 un avviso pubblico per raccogliere proposte provenienti dalla società civile. La risposta fu sorprendentemente alta, a testimonianza della grande attenzione ai temi della cittadinanza attiva e della sussidiarietà orizzontale, ma ancora una volta molte idee si scontravano con problemi di natura burocratica e rischiavano di rimanere inattuate.

È nata così, allora, l’idea del Regolamento?

Sì, avevo la sensazione che fosse l’unico modo per essere attrezzati a dare una risposta a tutti. Si riusciva ad attribuire una paternità giuridica, all’interno del Comune, a queste manifestazioni spontanee provenienti dai cittadini, associati e non. Il segnale che volevamo dare era: non solo si può fare ma è doveroso, da parte dell’amministrazione, sostenere le iniziative dei cittadini attivi. In questo modo anche i colleghi poco abituati a collaborare con i cittadini si sono confrontati con uno strumento che rendeva doverosa l’attività di ascolto e facilitazione delle proposte, al pari delle altre funzioni del proprio ufficio. La sussidiarietà orizzontale diventava, agli occhi di tutti, uno strumento per risolvere problemi pratici entro confini giuridici chiari.

Il Regolamento è riuscito a smussare queste resistenze interne all’amministrazione?

Sicuramente c’è stata molta attenzione nel coinvolgimento dei colleghi, tramite la comunicazione e diffusione di buone pratiche, anche se c’è ancora molto da fare in tal senso. Ma il Regolamento è servito a cancellare alcune obiezioni di fondo, fornendo delle soluzioni concrete a problemi nascenti dal rapporto con i cittadini. L’atteggiamento è cambiato molto ed in positivo. La sorpresa è stata quella di vedere parti dell’amministrazione, rimaste in passato del tutto estranee a questi argomenti, farsi avanti di propria iniziativa chiedendo supporto per trovare, grazie al Regolamento, nuove soluzioni a questioni rimaste per lungo tempo irrisolte.

Perché non ci spieghi come funziona il vostro Ufficio di coordinamento?

È tutto molto semplice, le proposte dei cittadini ci arrivano tramite un’email, indipendentemente dall’ambito dell’intervento o dal Quartiere della città coinvolto. Noi procediamo ad un primo esame di carattere tecnico, per valutare l’effettiva riconducibilità della proposta al Regolamento sui beni comuni, poi assegnamo la proposta al punto dell’amministrazione competente, per materia o territorio, a portarla avanti. Di solito si tratta di indirizzare la domanda ad un Quartiere, ma noi continuiamo a fornire attività di supporto e affiancamento nella fase di progettazione e stesura del Patto di collaborazione tramite uno dei nostri sei referenti territoriali. Infine il Patto torna all’Ufficio di coordinamento che procede ad un’ultima revisione del testo, solo allora si dà l’assenso definitivo alla sua sottoscrizione. Inoltre, noi ci occupiamo della pubblicazione on-line dei Patti e di tutto il materiale a nostra disposizione attinente alla loro attuazione e svolgiamo anche una funzione di coordinamento periodico affinché si diffondano comportamenti e pratiche uniformi a livello istituzionale.

Quale Patto di collaborazione ritieni sia stato più significativo?

Personalmente mi ha dato molta soddisfazione il Patto con cui abbiamo creato una bacheca di strada, principalmente perché l’iniziativa è venuta da un gruppo informale di cittadini, dandoci la possibilità di esplorare vie nuove, impraticabili prima dell’adozione del Regolamento. C’è poi da dire che il sostegno dell’amministrazione è stato minimo in termini economici ma molto importante sul piano materiale, perché è stato messo a disposizione dei cittadini il pannello pubblicitario, stralciandolo da una precedente concessione: un piccolo investimento ha creato ricadute molto positive sul territorio, contribuendo alla crescita di beni comuni materiali ed immateriali. Più in generale, mi piacciono tutti quei Patti in cui si vedono energie provenienti da mondi diversi convogliarsi nella cura di un bene comune. In questo sono esemplari le istituzioni scolastiche, che fanno da tramite tra gruppi di genitori che intendono rendere più bello un angolo di scuola, coinvolgendo in molti casi anche artisti locali. Le scuole sono un vero e proprio punto nevralgico, perché hanno grandi potenzialità nel mettere in comunicazione mondi diversi .

Quale è il successo più evidente raggiunto tramite il Regolamento nella cura dei beni comuni?

Uno dei risultati più incredibili è quello che ci viene dai dati che abbiamo raccolto sul versante della manutenzione dei muri e la loro pulizia dal vandalismo grafico. In questo caso, siamo di fronte ad una lotta di trincea che richiede un’attenzione costante. Il Regolamento, grazie ai numerosi Patti di collaborazione attuati, ci ha permesso di mettere insieme una “squadra” di circa trecento cittadini attivi che si sono impegnati nella pulizia di qualcosa come 17.000 m² di muri della città e il successo è ora bene evidente! È importante sottolineare il carattere esclusivamente volontario del contributo dato dai nostri concittadini, perché questo incredibile risultato si fonda esclusivamente sulla bellezza di un rapporto bilanciato tra cittadini e amministrazione. Niente a che vedere, insomma, con quelle forme di scambio coatto che chiamano “baratto amministrativo”.

LEGGI ANCHE:
Cosa sono e come funzionano i patti per la cura dei beni comuni
Patto di collaborazione per gli Ultras di Bologna
Si possono ridurre i tributi per premiare i cittadini attivi?
S.O.S. Scuola, la scuola che diventa bene comune