Chi l’ha detto che esiste un solo modo di fare volontariato? A otto mesi dalla chiusura di Expo 2015, CSVnet e Ciessevi hanno presentato i risultati di un’indagine sull’esperienza vissuta dai volontari dell’evento. Obiettivo della ricerca è stato comprendere il volontariato episodico e le sue dinamiche, chi e perché si metteva a disposizione per la buona riuscita di questi eventi e cosa è cambiato negli ultimi anni nel modo di concepire il volontariato, in tutti i suoi aspetti. E i risultati hanno confermato che esiste un modo ” nuovo ” e complementare di fare volontariato, diverso da come è stato concepito e applicato negli anni ’70 e ’80. Gli interventi al convegno hanno sottolineato proprio questo, l’esistenza di un volontariato moderno e tradizionale e uno post moderno, ” senza divisa ” , che non sono in contrapposizione tra loro, anzi.
Expo 2015, la bella gioventù volontaria
All’indagine ” Fare volontariato ad Expo Milano 2015 ” hanno partecipato 2376 volontari, che hanno lavorato all’esposizione universale italiana. Era interesse della ricerca, effettuata da docenti e ricercatori del Seminario Permanente di Studi sul Volontariato e dell’Università degli Studi di Milano, offrire un quadro completo dell’esperienza. Per questo lo studio è stato suddiviso in due parti. Una prima, quantitativa, in grado di cogliere le opinioni nel pre e nel post esperienza, e nelle intenzioni di continuare questa forma di partecipazione. E una qualitativa, con inteviste face-to-face al termine del loro servizio.
Il primo dato che emerge è l’età media dei volontari: 27 anni. E la distribuzione nelle varie fasce di età mostra che quasi la metà dei volontari aveva un’età compresa tra i 21 anni e i 26. Il 91,5% degli intervistati ha almeno un diploma superiore, contando anche che il 64,6% risulta essere uno studente e più di un terzo ha una laurea o un titolo post laurea. In relazione all’esperienza in sé, quasi il 60% ha dichiarato di essere ” experienced ” e la stragrande maggioranza di questi ha già svolto attività di volontariato in maniera continuativa in passato. Di maggiore interesse è, però, il giudizio espresso in merito alla loro esperienza in Expo 2015. Se il 98% consiglierebbe ad amici e familiari di fare volontariato, il 96,5% è intenzionato a continuare questo stesso percorso, soprattutto nella forma ” episodica ” (64%). Ed è qui che si delineano i due filoni, quello tradizionale-moderno e quello nuovo-post moderno. Sono infatti le ” new-entry ” a esprimere questo desiderio, al contrario della maggior parte degli ” experienced ” che mantengono ben saldo il loro impegno di volontariato anche a livello strutturale.
La partecipazione di tanti per ridurre il gap
Questi i dati al centro dell’attenzione durante il convegno. Dati che hanno confermato che il volontariato si è evoluto. Ma, come si diceva in precedenza, non in contrapposizione della sua forma tradizionale bensì in maniera complementare. E’ del sociologo Maurizio Ambrosini, docente dell’Università degli Studi di Milano, l’interpretazione che vede in questo sviluppo un’occasione per ridurre il gap tra ” le minoranze super impegnate e le maggioranze amorfe ” . Perché, se resta fondamentale l’esistenza delle associazioni come apparato strutturato, nel loro ruolo di connessione e mediazione sociale, oltre che di formazione, sono queste nuove leve lo strumento di impatto per ampliare il pubblico cui si rivolgono. Perché, come si è sottolineato a conclusione del report, ” un’esperienza come quella del volontariato presso Expo apre, quindi, la riflessione verso nuove prospettive dell’impegno sociale con cui dovremo, con ogni probabilità , ancora misurarci nei prossimi anni. Non è stata una manifestazione fine a se stessa, ma un crocevia di incontro con il futuro ” .
Qui la sintesi e la versione integrale del Report:
Sintesi report_volontari Expo 2015
Report intermedio_volontari Expo 2015
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