La sentenza n. 292/21 della quarta sezione del Consiglio di Stato affronta numerose e importanti problematiche concernenti il diritto di accesso: in particolare, sinteticamente, dopo averne riconosciuto natura di interesse legittimo in senso tecnico, aderendo alla tesi dell’Adunanza Plenaria 16/1999, ne sottolinea la portata espansiva, anche a seguito delle recenti riforme intervenute ex art. 1, c.1 l 18.6.29 n. 69 (a titolo meramente esemplificativo si ricordano G. Arena, Trasparenza amministrativa XXXI, Enc. Giur. Treccani, Roma 1995; G. Arena- M. Bombardelli, Il diritto di accesso ai documenti amministrativi in La disciplina generale dell’azione amministrativa, a cura di V. Ceruli Irelli, Napoli 26, 49. Cfr. anche la recente Adunanza Plenaria 6/26 in cui si sottolinea il carattere strumentale di esso e la nota di M. Occhiena, Diritto di accesso, sua natura camaleontica e adunanza plenaria 6/26, in Foro it. 26, III, 378.).
A quest’ultimo proposito, l’accesso ormai costituisce, in base alla definizione normativa vigente ” principio generale dell’attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l’imparzialità e la trasparenza ” (cosìart. 22 c.2 l. 241/199).
Coerentemente con tale impostazione, secondo il Consiglio di Stato, ” il diritto d’accesso vale a tutelare interessi individuali di ampiezza tale da incontrare solo il limite della giuridicità ” , mentre, parallelamente, a livello strutturale, esso ” è collegato a una riforma di fondo dell’amministrazione, ispirata ai principi, di democrazia partecipativa, della pubblicità e trasparenza dell’azione amministrativa ” .
In definitiva, sul punto, in base a tale ricostruzione, il diritto di accesso ” si inserisce a livello comunitario nel più generale diritto all’informazione dei cittadini rispetto all’organizzazione e alla attività soggettivamente amministrativa, quale strumento di prevenzione e contrasto sociale ad abusi ed illegalità ” .
Le linee guida del diritto di accesso come espressione di partecipazione
La sentenza in commento presenta un contenuto di particolare rilievo per diversi ordini di ragioni.
In primo luogo, si sottolinea, essa si inserisce in un indirizzo giurisprudenziale, ancora in fase di consolidamento, favorevole ad un’interpretazione estensiva della titolarità del diritto di accesso, sia nella generalità dei procedimenti amministrativi, sia nello specifico e delicato settore dell’edilizia ed urbanistica; segnatamente, l’interesse giuridicamente rilevante, tale da legittimare l’accesso, è individuato in un complesso insieme di situazioni soggettive che conferiscono poteri di natura procedimentale al titolare, travalicando dunque, ormai forse definitivamente, il rigido binomio interesse legittimo / diritto soggettivo (Cfr. ad esempio Cons. Stato sez. VI 2.5.28 n.2616 secondo cui la partecipazione ” costituisce un principio generale dell’ordinamento giuridico, sicché ogni disposizione che limiti o escluda tale diritto va interpretata in modo rigoroso, al fine di evitare di vanificare o eludere il principio stesso ” . La nozione di democrazia partecipativa è stata adottata cfr. Cons. Stato Sez. IV 13.1.21 n. 63. Per una nozione riduttiva di democrazia partecipativa, quale semplice diritto di conoscere le ragioni del malfunzionamento di un servizio cfr. T.A.R. Campania Napoli Sez. V, 12.1.21 n. 68).
A questo profilo si correla strettamente la preclusione, per la pubblica amministrazione, di sindacare, in fase preventiva, il merito della fondatezza dell’ accesso, al fine di disporre eventuali provvedimenti di diniego o di limitazione dell’esercizio del diritto.
In relazione al particolare settore edilizio-urbanistico, il Consiglio di Stato precisa inoltre che il termine ” chiunque ” , ex art. 31 c.9. l. 17.8.1942 n. 115, pur non avendo portata incondizionatamente espansiva, non possa essere interpretato in modo circoscritto, con riferimento esclusivo cioè alla titolarità di diritti reali, arrivando viceversa a ricomprendere ” qualsiasi situazione, anche di fatto, di stabile collegamento con l’area comprendente il terreno edificato ” .
Sul piano istituzionale ed organizzativo, la pronuncia del Consiglio di Stato risulta essere di una portata espansiva ancora maggiore, individuando un collegamento stabile tra democrazia partecipativa e diritto di accesso, nonché considerando quest’ultimo quale strumento privilegiato a beneficio del cittadino per la prevenzione e il contrasto di inefficienza e illegalità della pubblica amministrazione.
In primo luogo, sul punto, dunque, la nozione di democrazia partecipativa entra definitivamente nel lessico del supremo organo di giustizia amministrativa: ciò non ha solo un (sia pure importante) valore evocativo ma contribuisce a definire il contenuto ed i contorni di un concetto in ordine al quale la dottrina giuridica è ancora divisa.
A quest’ultimo proposito, per il Consiglio di Stato, la possibilità di accedere ad atti o provvedimenti di una particolare procedura amministrativa, non è istituto riconducibile tout court alla logica ” bipolare ” del rapporto amministrazione – cittadini; al contrario, il diritto di accesso inteso in modo ampio, secondo le linee evolutive della migliore giurisprudenza, è condizione indispensabile per l’elaborazione e lo sviluppo di una nuova pubblica amministrazione, improntata alla collaborazione e al dialogo con i cittadini.
Inoltre, si aggiunge, la funzione strumentale riconosciuta non è solo la tutela di una propria situazione giuridica soggettiva, ma anche, ormai espressamente, la difesa della legalità e il generale miglioramento dell’efficienza nell’azione amministrativa.
Autorevoli autori, sul punto, ancora recentemente, hanno tuttavia criticato detta impostazione, sostenendo che gli istituti giuridici della partecipazione in senso classico, disciplinati nella legge generale sul procedimento l. 241/199, siano estranei alla dinamica della democrazia partecipativa, ponendosi quest’ultima su di un piano assolutamente diverso.
Verso un unico diritto di accesso finalizzato alla partecipazione
La sentenza in commento assume rilievo non soltanto per l’espressa affermazione di un legame tra diritto di accesso ed il vasto e composito processo di trasformazione dell’amministrazione pubblica verso un modello di democrazia partecipativa.
E’ necessario sottolineare, infatti, il potenziale di sviluppo che potrebbero assumere alcuni principi contenuti nella pronuncia, sia pure al momento solo accennati.
In particolare a quest’ultimo proposito, l’esplicito riconoscimento del diritto di accesso quale strumento per garantire la legalità o ridurre gli abusi da parte delle amministrazioni, sembra, in certo qual modo, sul piano teleologico, assimilare il diritto di accesso della l. 241/199 a quello previsto ex art. 1 dal d.lgs. 267/2, Testo Unico Enti locali, e a quello riconosciuto ai consiglieri provinciali e comunali, ai sensi dell’art. 43 T.U.E.L.: il cittadino, infatti, accanto a ragioni di tutela delle proprie specifiche situazioni soggettive, accede (rectius, può accedere) agli atti di una determinata procedura amministrativa anche per un interesse e una ragione di carattere generale.
Parallelamente, il progressivo ampliamento delle posizioni giuridiche coinvolte legittimanti l’accesso, sia pure con l’evidente (ed ovvio…) limite della giuridicità , strettamente correlato al principio di democrazia partecipativa, tende a configurare l’esercizio del diritto di accesso non limitato ad una fase ” difensiva ” , ma anche quale strumento di intervento positivo dei cittadini nei confronti dell’amministrazione per la realizzazione di finalità di interesse generale.
In definitiva, i principi espressi nella pronuncia consentono di delineare, sia pure ancora in progress, l’elaborazione concettuale di un diritto di accesso dai caratteri univoci, espressione del processo di cambiamento dei rapporti tra amministrazione e cittadini, ispirato al modello di democrazia partecipativa e, congiuntamente, al principio di sussidiarietà orizzontale nell’esercizio di attività di interesse generale.