La questione

La controversia esaminata dalla sentenza del TAR Sardegna trae origine dall’affidamento senza gara da parte di un Comune di una serie di servizi sociali ad una società  di cui il Comune medesimo deteneva l’intero capitale e sulla cui gestione esercitava rilevanti poteri (quello che, in gergo comunitario, viene definito ‘controllo analogo’ a quello esercitato dall’ente sui propri uffici interni). I servizi interessati erano, in particolare, la gestione di una comunità  alloggio e di un centro educativo diurno per minori, nonché della mensa sociale.
Ritenendo illegittimi questi affidamenti, un’impresa operante nel settore dei servizi sociali che già  in passato aveva gestito nel medesimo territorio i servizi oggetto dell’affidamento li ha impugnati innanzi al TAR Sardegna: fra le altre censure, l’impresa lamenta l’incostituzionalità  della norma che consente l’affidamento diretto alle società  a capitale interamente pubblico (l’art. 113, comma 5, lett. c, d.lgs. 267/2000) per violazione del principio di sussidiarietà  c.d. orizzontale (art. 118, comma 4, Cost.): infatti, secondo l’impresa, in base a tale principio dovrebbero essere riservati ai privati tutti i compiti di carattere economico e sociale non riconducibili, come nel caso di specie, alla titolarità  e all’esercizio di pubbliche funzioni.

L’esito del ricorso

Il TAR Sardegna ritiene manifestamente infondata la questione di costituzionalità .
E’ sìvero infatti che in astratto sono configurabili due concezioni della c.d. sussidiarietà  orizzontale: una negativa ” che si sostanzia nel dovere di astensione dei pubblici poteri laddove le forze individuali e della società  siano in grado di soddisfare i propri bisogni autonomamente ” e una positiva ” che implica l’affermazione di un dovere di intervento dei pubblici poteri ove gli individui e le forze sociali non abbiano la capacità  di provvedere da sé alle proprie necessità  ” ; è vero pure che, nell’accezione negativa, la sussidiarietà  comporterebbe come conseguenza il divieto del Comune di fornire il servizio direttamente o tramite una propria società , laddove come nel caso di specie vi sono imprese privare in grado di svolgere adeguatamente il servizio.
Tuttavia, secondo il TAR, ” l’art. 118, comma 4, Cost. – cosìcome, peraltro, avviene nelle norme di legge ordinaria in cui il principio di sussidiarietà  orizzontale trova applicazione (a titolo esemplificativo, artt. 4 l. 15 marzo 1997, n. 59, 3 d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 e l. 8 novembre 2000, n. 328) – valorizza soltanto il profilo positivo del detto principio, ossia quello che afferma la necessità  di un intervento della pubblica amministrazione a sostegno e promozione dell’attività  dei privati ” .
Vista in questi termini, la disposizione costituzionale si limita a prevedere la necessità  che le amministrazioni favoriscano l’autonoma iniziativa dei privati; non vi è invece alcun elemento testuale che consenta di ritenere loro sottratto il potere di intervento nell’area delle ” attività  di interesse generale ” . Piuttosto che l’imposizione di un limite, la disposizione implica dunque ” un’attribuzione di competenza ” ulteriore: tale competenza consente anche di ” valutare quali siano le modalità  più consone al soddisfacimento degli interessi pubblici coinvolti nelle attività  cui la norma costituzionale fa riferimento ” e, in questa lettura, la sussidiarietà  è coerente pure con il canone del buon andamento sancito dall’art. 97 Cost.

Il commento

Le conclusioni del TAR Sardegna risultano coerenti con la lettera della disposizione costituzionale (si veda in particolare il verbo ” favorire ” ), la quale sembra evocare una dimensione ‘attiva’ più che ‘recessiva’ delle pubbliche amministrazioni nelle attività  di interesse generale. In questo senso la sussidiarietà  orizzontale affermata nel testo costituzionale impone la continua ‘integrazione’ fra l’azione di soggetti pubblici e quella dei soggetti privati, in linea con le precedenti affermazioni sul piano legislativo del principio (art. 1 legge 328/2000) , non certo la reciproca esclusione, come sostenuto invece dalla società  ricorrente. Questa conclusione pare difficilmente controvertibile.
Il problema diviene allora capire in cosa consista quest’attività  propulsiva dei vari livelli di amministrazione rispetto alle autonome iniziative dei cittadini. Finora in giurisprudenza si è fatta applicazione del principio soprattutto – sebbene non esclusivamente – per affermare la legittimità  dell’erogazione da parte degli enti locali di contributi economici a favore di iniziative sociali (in questo senso, cfr. da ultimo Corte conti, sez. giur. reg. Lazio, 22 febbraio 2007, n. 179; sui presupposti per l’erogazione di tali contributi, cfr. Cons. Stato, sez. atti normativi, 25 agosto 2003, n. 1440/03).
Tuttavia, sarebbe estremamente riduttivo limitare a questo solo la portata innovativa della disposizione costituzionale di riferimento. Sarebbe forse persino contraddittorio rispetto alla stessa lettera della Costituzione, dal momento che lungi dal favorire il carattere ‘autonomo’ delle iniziative private l’esasperazione di una simile lettura rischia addirittura di perpetuare le attività  meramente ‘assistite’ ocomunque non autonome.
Pare invece più consona all’art. 118, comma 4, Cost. e al sistema costituzionale nel suo complesso l’affermazione di un ruolo propulsivo dei vari livelli di amministrazione, secondo le rispettive potenzialità  e competenze, che si sviluppi attraverso un favor a tutto tondo per le autonome iniziative private nell’interesse generale: non solo (e non tanto) dunque sotto il profilo delle provvidenze economiche, quanto sotto il profilo dell’impegno ad operare le scelte discrezionali in vista della creazione delle migliori condizioni – fattuali e, ove del caso, persino normative- affinché le iniziative dei cittadini, comunque autonome, possano svolgersi nell’interesse generale.

 

 



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