La due giorni partenopea dedicata ai beni comuni: report del seminario "Beni Comuni e Regolamento per l'amministrazione condivisa"

Il primo seminario ” Beni comuni e Regolamento per l’amministrazione condivisa ” è stato l’occasione per un confronto su questa forma di sperimentazione e si è rivelato quanto mai utile e costruttivo.

La comunità  protagonista

Fiera dei beni comuni Napoli 2016 (3)A partire dall’intervento dell’assessore ai beni comuni del Comune di Napoli  Carmine Piscopo, che ha sottolineato l’importanza della collettività  come protagonista nella vita civile della città : “Ci siamo impegnati come amministrazione per il superamento di ciò che troppo a lungo ha diviso la proprietà  pubblica e privata, consentendo molto spesso usi esclusivi anche nella gestione dei beni pubblici: adesso è il momento di tornare a parlare di tutto ciò che è nel diritto della collettività . Il dibattito sui beni comuni non è mai personalistico, ma riguarda tutti, sempre, innanzitutto le comunità . L’amministrazione di Napoli ha voluto istituire un assessorato ai beni comuni con lo scopo di legarlo ad un dibattito giuridico a garanzia della terra, dell’ambiente, dell’acqua, dell’urbanistica. Abbiamo messo insieme valori, istanze, bisogni e desideri e li abbiamo osservati mentre diventavano usi civici, regolamenti per cambiare il destino dei luoghi di Napoli a partire da profonde istanze avanzate dal popolo. Tante tappe e tanti passaggi ci sono voluti per modificare lo statuto del Comune, affinché si inserisse tra gli obiettivi della città  quello di riconoscere e difendere i beni comuni, e poi li abbiamo resi accessibili, fruibili, condivisibili. Solo per ricordare qualche tappa di questo percorso, nel 2012 è stato istituito un regolamento per le consulte, subito dopo, nel 2013, sono stati definiti i principi per il governo e la gestione dei beni comuni. Resta ancora aperta e viva l’esperienza dell’Osservatorio per i beni comuni che ha lavorato sulla pianificazione e alla redazione di due importanti delibere per l’amministrazione che hanno riguardato i beni di proprietà  sia pubblica che privata abbandonata. Tutto questo per fare in modo che il popolo napoletano potesse prendersi cura del suo patrimonio, con le sperimentazioni di autogoverno condivise con l’amministrazione, che sono diventate delle vere e proprie avanguardie per il territorio”.

Reddito sociale


fiera beni comuni Napoli 2016
E sul punto che vede la scelta da parte del Comune di Napoli di non mettere a reddito i beni comuni immobili, l’assessore Piscopo si esprime in termini chiari: “Tutta la politica continua ad insistere sul reddito finanziario, ma per noi non funziona così: i beni comuni rientrano in quella politica legata al reddito sociale, che ci impone di lavorare insieme con i quartieri per la costruzione dei servizi pubblici per la collettività  che diventa attore principale. Prima di parlare di pareggio di bilancio, debiti e crediti, dobbiamo parlare di diritti civili, di interesse pubblico e non possiamo prescindere da tutto questo perché le leggi ordinarie non hanno alcuna prevalenza rispetto alla Costituzione. La nostra priorità  è aprire spazi per renderli luoghi che cambiano profondamente insieme alle istituzioni, a loro volta nuove interpreti del proprio ruolo: c’è bisogno di possibilità  concrete di risposta ai diritti fondamentali dei cittadini”.
Quello dei beni comuni è un progetto che a Napoli sta cominciando a camminare sulle sue gambe, per merito di un assessorato e delle delibere concrete arrivate dalla Giunta di Luigi De Magistris. Un tema certamente complesso, che supera il diritto amministrativo e di conseguenza anche la dicotomia pubblico-privato, spostando l’asse verso libertà  e responsabilità .

Regolamenti e responsabilità 

arenaUn punto sottolineato in maniera precisa dal Professor Gregorio Arena, presidente di Labsus, che si definisce un giurista di strada sempre disponibile ad aiutare le amministrazioni nei progetti di collaborazione con i cittadini: “Insieme a Labsus abbiamo dato vita ad un modello di regolamento comunale tipo, elaborato con la collaborazione del Comune di Bologna. Ad oggi i comuni che l’hanno adottato e declinato in base alle differenti esigenze sono 104. Questo ci fa sperare, perché dimostra che in tutta Italia i nostri concittadini hanno deciso di prendersi i loro diritti e di farlo liberamente con lo scopo di riappropriarsi di luoghi e di beni: questo rappresenta essenzialmente un fatto di sovranità , quella dei cittadini attivi che si prendono cura dei luoghi in cui vivono.
In tutta Europa siamo stati presenti per illustrare questo regolamento che Labsus ha contribuito a scrivere, che ora sarà  tradotto in catalano e presentato a Barcellona come modello attuabile. Beni comuni si definiscono semplicemente come beni che, se arricchiti, arricchiscono tutti, se impoveriti, impoveriscono tutti: questo è un po’ il mantra di Labsus, ma ci sono molte teorie e descrizioni sul tema, tutte derivanti da una consapevolezza politica: sono i beni senza i quali la vita non è possibile. Si potrebbe fare l’esempio della celebre favola sul rospo che diventa un principe, allo stesso modo se immaginiamo una struttura abbandonata e qualcuno che se ne prende cura, avremo un miglioramento e un accrescimento sia del valore di quella struttura che del senso di comunità  sviluppato intorno. Certo la chiave che mette in moto tutto è la responsabilità : se una comunità  identifica un bene comune ma non se ne prende cura, questo smette di essere un bene comune capace di aiutare l’integrazione, favorire aggregazione, produrre capitale sociale, quindi sviluppo economico, e dare fiducia, la fiducia è contagiosa. Se ci soffermiamo sulla portata delle energie che si stanno muovendo intorno ai beni comuni, ci rendiamo conto di come il punto di svolta sia vicino. Questo Paese è pieno di intelligenze e risorse, ma ognuno le usa per sé, col tempo stiamo invece passando dal menefreghismo alla condivisione di responsabilità , perché milioni di italiani stanno decidendo di prendersi cura di quella roba di nessuno che dimostra sempre più il suo valore. Io sostengo che le attività  di interesse generale, come la cura condivisa dei beni comuni, sono esercizio di sovranità , come lo è il voto, ovviamente tenendo ben presente che i cittadini non sono i supplenti di amministrazioni inefficienti. Chiunque voglia prendersi cura di un bene comune deve poterlo fare, oggi non è possibile perché il diritto amministrativo non lo consente, prevede soltanto che sia l’amministrazione pubblica ad occuparsi degli interessi pubblici. Il regolamento che stiamo promuovendo è semplicemente uno strumento, una sorta di pannello fotovoltaico che trasforma l’energia dei cittadini in energia di cambiamento. Nonostante questo fenomeno di cittadinanza attiva non sia ancora organizzato e normato, dà  la possibilità  a migliaia di persone di sentirsi protagonisti facendo cose semplici: in questo modo si contribuisce a ricucire quei rapporti logori tra cittadini e amministrazioni“.

Il ruolo attivo della cittadinanza

Fiera dei beni comuni Napoli 2016 (1)“La nostra è una democrazia ammalata ed estremamente in crisi, per questo bisogna tornare al ruolo attivo del popolo, troppo spesso accantonato”, sostiene il costituzionalista Renato Briganti, professore di Diritto Pubblico all’Università  Federico II di Napoli e consigliere del CSV, che ha introdotto e coordinato questo seminario sui beni comuni.

Un assunto condiviso anche dal Presidente del Centro Nazionale per il Volontariato, Edoardo Patriarca, che nel suo intervento sottolinea propria l’importanza della collaborazione: “Quella che negli anni abbiamo costruito è una rete di ausilio e solidarietà , che non è virtuale, ma vera, fatta da persone che provano a raccontare un altro Paese possibile. Un’altra storia italiana che riguarda   6 milioni di cittadini e 300mila organizzazioni che hanno deciso di impegnarsi e di combattere smettendo di lamentarsi, e iniziando ad investire forze, cuore e passione, prendendosi in carico un abbandono diffuso. Questi cantieri dei beni comuni dicono come si esce dalla crisi mettendoci la faccia e sfidandola direttamente scendendo in campo con le azioni. Quello della cura è un gesto che riguarda la repubblica, nel senso di stare insieme: ci sono parole preziose e faticose da dire, una di queste è bene comune, ma piano piano sta venendo alla luce prendendosi i suoi riconoscimenti. Il dato reale, riscontrabile nella vita quotidiana, è che dove si trovano comunità , solidarietà  e altruismo, c’è anche una buona possibilità  di tornare a crescere. Bisogna studiare per questo, trovare una vocazione e continuare ad impegnarsi, perché ne vale la pena, soprattutto se si pensa di poterlo fare per essere guida di una comunità “.

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