Stefano Zamagni parla di una " sussidiarietà  circolare "

" Chi opera nel mondo dell ' associazionismo deve considerarsi un imprenditore sociale "

Come ampiamente documentato dal lavoro costante di Labsus, un nuovo modello di welfare non è solo possibile, ma è già  realtà  in molti contesti italiani dove i cittadini, in collaborazione con le pubbliche amministrazioni, si prendono cura dei beni comuni loro più prossimi. Il professor Zamagni, nell’intervista del 3 novembre scorso, immagina uno scenario più articolato quando parla di una sussidiarietà  circolare fondata sulla collaborazione sinergica tra imprese istituzioni e cittadini.

Attualizzare un’idea vecchia

Secondo quanto dichiarato nell’intervista, il welfare, inteso come ” fornitura di servizi alla persona nel bisogno ” , più che un’idea nuova altro non sarebbe che uno dei capi saldi del cattolicesimo, organizzato strutturalmente a partire dal 12. Il punto fondamentale oggi sarebbe di ” superare la nozione di operatore sociale e arrivare a quella di imprenditore sociale ” , ovvero di chi ” ha la dignità  di intraprendere, di denunciare e di proporre soluzioni ” . Il cambiamento è radicale perché ” l’imprenditore è uno che le risorse le tira fuori dai sassi ” , ovvero, parafrasando, un professionista in grado di ottimizzare la gestione delle risorse evidentemente scarse che l’attuale periodo di crisi impone. Inoltre la dimensione volontaristica permetterebbe di valorizzare l’aspetto relazionale del rapporto che, affiancato all’erogazione di servizi, permette realmente di comprendere e soddisfare le necessità  degli individui e della comunità .

Realizzare la “sussidiarietà  circolare”

Questo cambiamento di paradigma sarebbe possibile attraverso, appunto, la sussidiarietà  circolare, ” un modello nel quale le tre sfere che compongono la società  – quella degli enti pubblici, delle imprese e della società  civile organizzata – realizzano un patto tra di loro per dialogare e operare assieme, cioè co-operare ” . Nel concreto, il professor Zamagni evidenzia tre precondizioni su cui lavorare per far si che questa trasformazione si realizzi: innanzi tutto agire sulla cultura, ovvero modificando i percorsi formativi, in secondo luogo modificando i paradigmi politico-normativi ed, infine, educando, più che istruendo. Sollecitato ad esprimere la propria opinione sul contesto veneto, il professor Zamagni afferma che ” dobbiamo arrivare a rapporti trilaterali. Ci sono buoni rapporti tra ente pubblico e associazionismo: bilaterali. O tra imprese e associazionismo: bilaterali. Ma si fa una fatica tremenda a mettere insieme tutte e tre le sfere. Questo è il limite. Ma come tutti i limiti si possono superare ” .

Questa, quindi, la sfida per realizzare la nuova welfare society. La speranza è che la nuova percezione di ” imprenditori ” sociali sia lo stimolo a realizzare sinergie triangolari tra istituzioni, imprenditori e società  civile, riconosciute come occasioni di coesione strategicamente fondamentali per far sìche la società  possa farsi carico del benessere dei suoi stessi membri.