Le matrici ideologiche, gli strumenti e le conseguenze dei genocidi

Tutti gli stermini perpetrati nel Novecento sono il frutto di una miscela ideologica, totalitaria e anti moderna, nazionalista o classista che ha armato la mano degli Stati criminali

Partendo dal massacro degli armeni, passando per quello degli ebrei, sino allo sterminio dei bosniaci e alla strage dei tutsi in Rwanda, gli Autori ricercano i caratteri distintivi dei genocidi. Il punto di partenza è proprio la definzione giuridica di genocidio, adottata in termini minimalisti dall’Onu nel 1948, per contingenti ragioni storico-politiche.

A questa definizione si affianca quella storica di genocidio, per cui l’elemento determinante è il massacro di massa unilaterale, intenzionalmente diretto alla distruzione dei un gruppo.

In questa accezione tutti i massacri esaminati nel volume sono configurabili come genocidi.

Gli Autori indagano, quindi, sulle differenti matrici ideologiche sottese ad essi e rinvengono un tratto comune nelle dottrine politiche totalitarie e rivoluzionarie fatte proprie dagli Stati sterminatori per realizzare un nuovo ordine sociale e invertire il corso della storia.

Funzionale a questa idea perpetrata dagli Stati è stata la propaganda del complotto ordito da classi e razze ostili, per coinvolgere le masse ad una entusiastica adesione ai programmi di sterminio.

L’analisi si sposta, quindi, sul ruolo che in questi periodi hanno avuto gli Stati liberali, portatori dei valori della modernità che i diversi totalitarismi volevano sradicare. Anti-moderni sono anche gli strumenti degli stermini, per lo più consistenti in metodi feroci e primitivi di eliminazione delle vittime.

Il volume esamina, poi, il ruolo del diritto nella repressione degli stermini e le difficoltà incontrate dalle Corti internazionali nel garantire effettività ai principi universali dei tutela dei diritti dell’uomo.

BERTI F., CORTESE F. (a cura di), Il crimine dei crimini. Stermini di massa nel Novecento, Franco Angeli, Milano, 28