” Un tempo era normale che un buon contadino comprendesse le proprietà della terra assaporandone un pezzetto in bocca ” . Oggi non più.
E’ da costatazioni solo apparentemente semplici come questa che prende le mosse ” La pelle del pianeta. Storia della terra che calpestiamo ” , ultima fatica letteraria di William Bryant Logan. Attraverso racconti di vita vissuta e aneddoti tratti dalla storia, cosìcome della mitologia, l’autore narra della Terra, intesa non solo come pianeta ma anche come elemento vitale. Meglio, ci spiega la vita che è nella terra, ben sapendo che la maggior parte di noi non è solito porsi interrogativi in proposito.
Madre Natura a … New York
Eppure – è questo il messaggio sotteso – la terra è vita. La nostra. E Logan ce lo dimostra raccontandoci la storia di Clyde. Precipitato da un impalcatura a New York, Clyde è costretto ad un riposo forzato per diverse settimane, durante le quali nel cassone del suo pickup, tra pezzi di legno, foglie secche e una marea di rifiuti, cresce una piccola foresta. Anche nel bel mezzo di una metropoli, dunque, ” all’aria aperta e all’umido, il motore di Madre Natura gira a meraviglia ” .
Allora la domanda è ” come si può vivere la propria vita camminandoci sopra senza meravigliarsene ” ? E, soprattutto – ci permettiamo di aggiungere – senza averne cura?
Semplici meraviglie
La verità , osserva Logan, è che abbiamo rinunciato a molto inseguendo il miraggio della conoscenza e ora ci sfuggono le cose più semplici, ma non per questo meno importanti. Sarà capitato a molti di esclamare: ” ero passato di lìun sacco di volte in macchina, con gli occhi fissi sulla strada, ammirando distrattamente le bellezze della natura, ma senza mai osservarle per davvero ” . Cosìcome può capitare che ci sia un bell’albero proprio fuori dalle finestre della nostra casa e di non notare come esso cambi giorno dopo giorno. Come i fiori si tramutino in frutti e come, ad un certo punto dell’anno, le foglie inizino a cambiare colore fino a cadere dai rami, per poi comparire di nuovo e tornare a fiorire.
San Foca e la terra come bene comune
Nulla a che vedere,dunque, con quanto si narra a proposito di San Foca L’Ortolano, diventato patrono dei giardini perchè, parseguitato a causa della sua fede cristiana, secondo la leggenda, scelse di farsi seppellire nel proprio giardino cosìda tramutarsi in compost e restituire alla terra “quel corpo che ne aveva tratto sostentamento”. Quanto ci sia di fantasioso in questa storia non è dato saperlo, di certo tuttavia, un pò come nelle favole di Esopo, ciò che dobbiamo ricavarne è la morale. Il fatto che la natura debba essere il nostro metro di paragone e che “mostrarsi responsabili nei confronti della terra significa ricambiare i suoi doni con i nostri”. Singifica, in definitiva, prendersi cura di un bene comune.
W. B. Logan
La pelle del pianeta. Storia della terra che calpestiamo, ed. Bollati Boringhieri, 211.