Dal concetto indeterminato di cultura, cosìcome recepito in Costituzione agli artt. 9 e 33 e, implicitamente agli artt. 2 e 3, che ne costituiscono l’imprescindibile fondamento logico-ideologico, viene enucleata la nozione di attività culturali, di più recente acquisizione, in quanto per lo più ritenuta secondaria e marginale rispetto a quella di bene culturale.
L’itinerario storico-giuridico della disciplina culturale sia nell’U.E. che nella Costituzione e nelle leggi nazionali di attuazione conduce ad una riflessione più squisitamente domestica sulle questioni applicative poste dal principio di sussidiarietà , sia nella sua accezione verticale, con particolare attenzione all’affermarsi del regionalismo (decreti del 1972 e d.P.R. n. 616/1977), del federalismo amministrativo (d. lgs. n. 112/1998) e costituzionale (l. cost. n. 3/21); sia nei diversi modi di intendere la sua proiezione orizzontale, alla luce del significato che può essere attribuito alle attività di interesse generale di cui all’art. 118 Cost. Proprio il principio di sussidiarietà si pone quale fil rouge dell’intera trattazione, sviluppandosi trasversalmente lungo la direttrice, comune alla sua dimensione verticale ed orizzontale, costituita dalla centralità della persona umana sia come singolo che nelle formazioni sociali in cui si svolge la sua personalità (art. 2 Cost.).
Con specifico riferimento al settore culturale, ed in special modo a quello delle attività culturali, esposto ai c.d. fallimenti di mercato in misura maggiore rispetto a quello dei beni, è necessario trovare un punto di equilibrio tra l’azione dei privati (e il corrispondente pericolo derivante dal giogo delle leggi di mercato) e l’intervento dei pubblici poteri (ed il rischio di un possibile dirigismo culturale e del. c.d. Stato di cultura). A monte si pone la considerazione che le attività culturali, quali merit goods, sono beni che – pur privi del carattere dell’essenzialità e della primarietà , in quanto non rispondenti ad esigenze di sopravvivenza dell’essere umano – devono essere offerti indipendentemente dalla domanda proveniente dai consumatori e dalla redditività economica che ne deriva. Ricorrono dunque tutte le condizioni per l’operatività del principio di sussidiarietà orizzontale: coesistenza nel settore di soggetti pubblici e privati, necessità di soddisfare bisogni facenti capo alla collettività , preminenza dell’azione privata, intervento suppletivo dei pubblici poteri.
La sussidiarietà orizzontale allora concettualmente precede e spazialmente delimita l’ambito di intervento dei diversi livelli istituzionali, alla luce del modulo operativo verticale del medesimo principio.
Non a caso il capitolo dedicato alla sussidiarietà orizzontale idealmente si pone – come confermato dalla sua collocazione topografica – quale spartiacque tra la prima parte della trattazione, dedicata alla ricognizione dei principi generali della materia attraverso la ricostruzione del diritto positivo sovranazionale e nazionale, e la seconda parte incentrata sulla disciplina vigente sia sotto il profilo organizzativo, che sotto quello funzionale. Difatti, da punto di vista soggettivo, accanto ai tradizionali soggetti pubblici (in particolare il Ministero per i beni e le attività culturali e gli enti del parastato) operativi in questo settore, passando per il peculiare fenomeno delle privatizzazioni, l’analisi si estende al ruolo svolto dalle fondazioni bancarie e dalle formazioni sociali (associazioni e fondazioni), in ragione della crescente presenza delle no profit organizations negli ambiti di esercizio di funzioni di interesse generale. La ricognizione dettagliata della disciplina di queste ultime e dei servizi offerti nei singoli settori (musica, teatro lirico e prosa, danza, cinema e arti figurative) è completata dall’analisi dell’organizzazione della ricerca svolta da parte dell’Università , degli enti pubblici di ricerca, delle istituzioni di alta formazione e specializzazione artistica e musicale (accademie e conservatori) e delle fondazioni private, che operano in questo campo, in considerazione dell’appartenenza dell’attività svolta al concetto di cultura.
L’attuale assenza di una disciplina unitaria ed omogenea delle attività culturali e la corrispondente vigenza di una molteplicità di leggi di settore, consente alle considerazioni generali dell’analisi svolta nel volume di offrire degli spunti di riflessione agli addetti ai lavori e agli operatori pratici, che si occupano di un settore cosìimportante per la tutela dell’identità nazionale.
OGGIANU S., Disciplina pubblica delle attività artistiche e culturali, Giappichelli, Torino, 24.