L’autore racconta l’altro volto dell’America fatta di città che “sono morte abbastanza per poter rinascere”. Come ad esempio Buffalo, in passato centro nevralgico dell’aristocrazia industriale, e oggi al centro di un grande progetto di decostruzione sostenibile chiamato Buffalo Reuse. Il progetto punta a salvare le strutture architettoniche in disuso che possono essere riutilizzate contro la distruzione indiscriminata di parte della città . Buffalo si presenta come un immenso giacimento di materiale riciclabile, secondo l’ideatore del progetto Michael Gainer, che è riuscito a mettere in piedi una squadra composta da cinque decostruttori recuperando cosìvasche, lavandini, mattoni e scalinate di vecchi edifici per la ricostruzione del futuro della città .
Non solo decostruzione ma anche esperimenti di agricoltura urbana trovano spazio nelle città della rust belt. A New York, ad esempio, l’agricoltura urbana sta conoscendo una nuova fase di crescita soprattutto laddove la pressione del mercato immobiliare è minore e dove sono evidenti i segni della crisi urbana. Come a East New York, un quartiere di Brooklyn, che dopo essere stato abbandonato dalla classe media con il crollo del mercato immobiliare ha visto, a partire dagli anni Novanta, la nascita di diversi community gardens e progetti di riqualificazione partecipata.
Nella seconda metà degli anni Novanta infatti lo United community center ha lanciato un progetto di pianificazione partecipata per coinvolgere i cittadini nella rinascita del quartiere. Questo ha favorito la nascita di due grandi fattorie urbane: il Garden of hands and hearth e la Youth farm che vede i giovani impegnati nella cura della città . Il viaggio compiuto da Coppola nelle città “morenti” della rust belt mostra come queste aree urbane, una volta cuore pulsante dell’industria americana, si stiano reinventando attraverso esperienze di decostruzione ecosostenibile e fattorie urbane puntando a stili di vita più sostenibili e a città autosufficienti in grado di rispondere alla domanda alimentare.