Riflessioni a margine della sentenza della Corte costituzionale 16 luglio 2004, n. 228, in materia di servizio civile nazionale

Il servizio civile si configura come istituto giuridico organizzativo e pubblico a partecipazione volontaria, volto ad assicurare la difesa della patria in adempimento dei doveri di solidarietà e in modo alternativo al servizio militare

La sentenza

La provincia autonoma di Trento ha impugnato numerose disposizioni sia della legge n. 64 del 21, sia del decreto legislativo n. 77 del 22, perché ritenute lesive delle competenze attribuite alla provincia stessa dopo che, per un verso, si è sospeso l’obbligo di leva militare e, per un altro verso, si è modificata la costituzione nel 21 relativamente al titolo V. La provincia infatti dubita che dopo tali interventi del legislatore nazionale e di quello costituzionale sia più legittima la competenza dello stato in materia di servizio civile, toccando esso aspetti che sono oramai da considerare di spettanza regionale, in qualche caso anche in modo esclusivo. La Corte costituzionale, invece, riprendendo la sentenza n. 164 del 1985, ha ribadito l’ancoraggio del servizio civile alla funzione di difesa della patria; una difesa, naturalmente, che deve intendersi alternativa a quella militare e quindi non armata, ma che proprio per questo resta nella competenza legislativa dello stato ai sensi dell’articolo 117, comma 2, lettera d). Il giudice costituzionale ritiene, tuttavia, che questo non comporta la pretermissione di ogni interesse regionale e locale, giacché gli ambiti materiali su cui incidono le attività  ricondotte al servizio civile, perlopiù assistenza sociale, tutela ambientale e protezione civile, possono avere ricadute su sfere di competenza tanto regionale quanto degli enti locali. Allo stato sarebbero riservate soprattutto la competenza alla predisposizione e organizzazione del servizio civile, nonché le competenze che attengono alle procedure di adesione al servizio civile e alla sua operabilità.

Il commento

L’aspetto che più rileva di questa sentenza è tuttavia la confermata impostazione della Corte costituzionale ad ancorare il servizio civile tra i doveri di solidarietà espressi in termini generali all’articolo 2 della Costituzione e, con riferimento alla difesa della patria, all’articolo 52, comma 1. Secondo la Corte il servizio civile non sarebbe altro che la forma organizzativa, pubblica e oggettiva, in cui si articola la scelta volontaria delle persone di partecipare alla difesa in termini alternativi all’uso dei mezzi militari. Il fatto che il servizio civile abbia avuto un’origine collegata all’obiezione di coscienza all’obbligo di leva che ora è stato sospeso, non costituisce ragione sufficiente per disgiungerlo dal dovere di difesa della patria. Dunque il servizio civile risponde al contempo a una scelta di libertà  e a un dovere di solidarietà, ovvero dà forma a quella che è stata definita la libertà solidale negli studi della sussidiarietà  orizzontale[1]. Tutelare la patria in forma alternativa all’uso dei mezzi militari significa contribuire, come dice la corte, al progresso materiale e spirituale della società, fortificando il senso di appartenenza alla repubblica. Da una parte, dunque, il servizio civile viene organizzato per svolgere alcune attività  specifiche funzionali ai cittadini e alla comunità , dall’altro, nel fare questo, i giovani che si accingono a farlo rafforzano un’idea di appartenenza allo spirito civile della repubblica servendo la patria in termini civili. Qualche volta dei due elementi solo il secondo ricorre: nelle esperienze di servizio civile internazionale, ad esempio, a beneficiare delle attività  non sono né i cittadini italiani, né le comunità  che vivono nella repubblica; tuttavia ciò non fa venir meno il secondo elemento, ovvero quello del rispetto dello spirito repubblicano civile e solidale che ha ricadute indirette anche sulla comunità  nazionale. Tutto questo non appare estraneo, come detto, alla sussidiarietà  orizzontale, intesa nel suo significato più ampio (e quindi prescindendo per il momento dall’articolo 118 della costituzione). Lo stato, ma per certi versi anche le regioni e gli enti locali, nel dare forma al servizio civile vengono incontro a una forma di solidarietà  tutta speciale che è quella alternativa alla difesa militare e in questo senso instaurano un rapporto di collaborazione con dei giovani filtrato dalle organizzazioni pubbliche e private che, a tal proposito, mettono a disposizione le proprie strutture, il proprio know how e le proprie risorse. Si tratta di un’esperienza preziosissima di crescita civile dei giovani, il cui valore, giustamente, la corte non trascura.


[1] Cfr. G. Arena, Cittadini attivi, Roma-Bari, Laterza, 26.

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