Il futuro leader del Pd ha le idee chiare sull ' articolo 118

" C ' è una sorta di sussidiarietà  al contrario: dove lo Stato non arriva, ci pensa il terzo settore. àˆ una via senza uscita, insostenibile economicamente e, soprattutto, socialmente "
Walter Veltroni. Attuale sindaco di Roma. Fra pochi giorni, probabile segretario del nuovo Partito Democratico. In un futuro più o meno prossimo, probabilissimo candidato alla presidenza del Consiglio dei Ministri o, per dirla in maniera costituzionalmente meno corretta ma politicamente più vicina alla realtà, alla premiership.
Sapere cosa pensa della sussidiarietà ci interessa, per questo ci ha fatto molto piacere che qualcuno nei giorni scorsi abbia fatto in modo che si pronunciasse anche su questo tema.

L’intervista

È successo nel corso di una lunga intervista rilasciata da Veltroni a Vita, il settimanale del non profit (12 ottobre 27). L’intervistatore a un certo punto afferma che “In Italia la politica continua a guardare al terzo settore solo in funzione di supplenza alle carenze dello Stato e non come ad una soggettività plurale, come a risorsa indispensabile di creatività ed innovatività per mettere mano ad una indispensabile riforma del vecchio Welfare State. L’orizzonte è quello della Welfare Community ma questo sarà impossibile da inaugurare se le politiche sociali continuano a concepirsi in termini di fondi statali che vengono poi distribuiti (direttamente o attraverso i trasferimenti alle Regioni) tardi e male. Bisogna cambiare, occorre un di più di sussidiarietà restituendo quote di sovranità ai cittadini. Ad esempio rendendo deducibili le spese sanitarie e sociali dei cittadini” (corsivo nostro).

Una certa idea di sussidiarietà

Il concetto di sussidiarietà sul quale l’intervistatore sta sollecitando l’opinione di Veltroni non è lo stesso concetto sostenuto da Labsus. La sussidiarietà come la intendiamo noi porta ad un’alleanza fra istituzioni e cittadini per risolvere insieme problemi di interesse generale, la sussidiarietà come la intendono Vita e altri porta ad una riduzione della presenza dei soggetti pubblici nello svolgimento di compiti di interesse generale, a vantaggio di un incremento della presenza dei privati sia sotto forma di imprese for profit (dunque nell’ambito di un sistema di privatizzazioni), sia trasferendo la cura di alcuni beni comuni ai soggetti del terzo settore.

La “sussidiarietà al contrario”

Ed ecco come risponde Veltroni: “Quello che denunciate è vero, a volte pare addirittura che lo scontro tra i due diversi schieramenti si limiti ad essere uno scontro tra due diversi statalismi, tra due concezioni dello Stato e della società comunque dirigisti, con buona pace del pretese liberismo cui a parole inneggia il centrodestra.
La bella stagione della sussidiarietà, che aveva portato alla modifica costituzionale del Titolo V con l’introduzione dell’articolo 118, pare oggi davvero lontana. C’è una sorta di sussidiarietà al contrario: dove lo Stato non arriva, ci pensa il terzo settore. È una via senza uscita, insostenibile economicamente e, soprattutto, socialmente. Non è così che si liberano le energie del Paese, così si creano solo clientele.
Sono convinto che l’Italia crescerà se più del Pil sapranno crescere le soggettività di questo Paese, le soggettività sociali, imprenditoriali, e la loro visione e coscienza del futuro. E se crescerà la capacità della politica di ascoltare le parole, i racconti e i ragionamenti dei soggetti impegnati dentro la realtà sociale.
Da tempo il non profit chiede che siano deducibili le spese sanitarie e sociali dei cittadini: in un Paese che ha previsto la deducibilità per palestre e veterinari non mi pare certo una pretesa. … Il modello di welfare che era stato costruito sul presupposto che lo Stato fosse in grado di catturare tutte le ricchezze dei territori è andato radicalmente in crisi. Oggi la leva fiscale più che finanziare il welfare si accanisce sui ceti medio bassi restituendo pochissimo, e male. Occorrerebbe una politica capace di voltare radicalmente pagina per garantire con la leva fiscale i diritti costituzionali (la Corte costituzionale tedesca, per esempio, ha stabilito che le risorse destinate al mantenimento dei figli non sono disponibili perché utilizzate per un dovere costituzionale) e per restituire brandelli di sovranità fiscale ai cittadini per esempio con il 5 per mille” (corsivo nostro).

Idee chiare

La risposta di Veltroni è chiarissima, così come la sua critica a quella che lui chiama “sussidiarietà al contrario” e che noi, in altra sede, abbiamo chiamato “sussidiarietà in negativo”. Se per sussidiarietà si intende che “dove lo Stato non arriva, ci pensa il terzo settore”, allora Veltroni non è d’accordo con questa idea di sussidiarietà, tanto da definirla con una certa, inaspettata, durezza “una via senza uscita, insostenibile economicamente e, soprattutto, socialmente” perché così non “si liberano le energie del Paese, così si creano solo clientele”.
E aggiunge un riferimento alla necessità che crescano le soggettività che sembra invece riecheggiare la nostra idea della sussidiarietà in positivo, come principio legittimante un reciproco “aiutarsi” di soggetti pubblici e cittadini attivi nella soluzione di problemi di interesse generale.
In conclusione, ci sembra che sulla sussidiarietà Veltroni abbia le idee chiare e capisca quale sia la posta in gioco a seconda che si accetti l’una o l’altra idea di sussidiarietà. E questo è sicuramente di buon auspicio.