L'ipotesi di sussidiarietà  nei controlli solleva alcuni dubbi

Dopo la mera riproposizione della norma costituzionale da parte dell’articolo 7 della legge 131 del 5 giugno 23 (la cosiddetta legge La Loggia), il principio di sussidiarietà trova per la prima volta esplicita menzione e applicazione per ben due volte nella legge 133 del 6 agosto 28, di conversione del decreto legge 112 del 25 giugno 28 “disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria".

Nel precedente editoriale si era commentata la norma di cui all’art.23 bis, di riassetto del sistema dei servizi pubblici. In questo numero, diversamente, poniamo la nostra attenzione all’art. 3, il quale prevede che “per le imprese soggette a certificazione ambientale o di qualità rilasciata da un soggetto certificatore accreditato in conformità a norme tecniche europee ed internazionali, i controlli periodici svolti dagli enti certificatori sostituiscono i controlli amministrativi o le ulteriori attività amministrative di verifica, anche ai fini dell’eventuale rinnovo o aggiornamento delle autorizzazioni per l’esercizio dell’attività. Le verifiche dei competenti organi amministrativi hanno ad oggetto, in questo caso, esclusivamente l’attualità e la completezza della certificazione”.

Funzioni di controllo "esternalizzate"

Introdotta con l’evidente finalità di perseguire un alleggerimento nella attività delle amministrazioni pubbliche, tale previsione viene fatta direttamente risalire al “principio generale di sussidiarietà orizzontale” dal secondo comma dell’articolo che qui si commenta, giustificandosi ulteriormente l’intervento del legislatore statale ai sensi della lettera m) comma 2 dell’articolo 117 della Costituzione, e cioè in forza di una funzione di garanzia su tutto il territorio nazionale delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali.

In effetti, a ben vedere, nel nostro ordinamento erano già presenti altri casi di possibile “esternalizzazione” delle funzioni di controllo: si pensi alla certificazione energetica degli edifici di nuova costruzione (introdotta dal decreto legislativo 192 del 19 agosto 25 in attuazione della direttiva 22/91/CE relativa al rendimento energetico nell’edilizia e affidata a esperti accreditati), o al controllo (nello stesso decreto richiamato) sull’efficienza energetica dei singoli impianti. O ancora, alla revisione periodica degli autoveicoli, che può essere effettuata alternativamente presso gli uffici periferici del Dipartimento trasporti terrestri del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti oppure presso officine private autorizzate dallo stesso Dipartimento.

Nondimeno la disposizione lascia qualche perplessità, sia sotto il profilo di stretta interpretazione giuridica che sotto quello più ampio della sua futura applicazione pratica.

L’interpretazione giuridica

Vediamo il primo aspetto. Nei casi individuati dalla norma l’attività di controllo mira a verificare la permanenza, in capo a determinati soggetti o presso certi impianti, di requisiti (ambientali o di qualità) rilevanti (se non indispensabili) per avallare (o in certi casi, confermare la autorizzazione a) il prosieguo della loro produzione.
Ma (come si sostiene in dottrina – si veda tra gli altri G. D’Auria, in Trattato di Diritto Amministrativo, a cura di S. Cassese, Giuffrè, 23, pagg. 1352-1353) il controllo da parte delle amministrazioni sui privati, in casi come questi, non è “procedimento accessorio” e distinto da quello di autorizzazione: il controllo in queste ipotesi è allo stesso tempo parte integrante e fine ultimo della attività amministrativa di verifica. E quindi in esso si sostanzia l’espressione di un vero e proprio potere autoritativo, che da molte parti si ritiene non possa costituire l’oggetto di un intervento sussidiario da parte dei privati.

Se a questa obiezione può replicarsi che è la legge a consentire questa “sostituzione”, e che quindi i principi di garanzia e di legittimità nell’esercizio delle potestà amministrative sono fatti salvi, si deve allora osservare come la possibilità aperta dalla norma venga a costituire in tutto un esempio di “munus”, e non rientri nel modello di sussidiarietà orizzontale descritto dalla norma costituzionale, che mira a favorire una “autonoma iniziativa” dei privati per attività “di interesse generale”.

E ancora, volendo pur ammettere che sia l’articolo 118, quarto comma della Costituzione a ispirare la norma in commento, ben strana appare la relazione che si viene a creare, in cui un soggetto privato, tenuto a sottoporsi a determinati controlli, si avvale di un controllore (pur accreditato) reperendolo sul mercato; ed è quest’ultimo, in ragione di un compenso, a svolgere di fatto l’azione sussidiante nei confronti di una amministrazione le cui finalità di interesse pubblico (e non generale) restano comunque sullo sfondo, e quindi di fatto irrilevanti.

L’applicazione pratica

Ovvie a questo punto le considerazioni di ordine empirico.
Non può infatti non lasciare perplessi la mancanza di garanzie (anche nel futuro regolamento applicativo – che si dovrà approvare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto, previo parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano) rispetto alla capacità e alla professionalità dei soggetti “controllori”, eccezion fatta per il loro accreditamento ai sensi delle norme comunitarie e internazionali (il quale però non si prevede venga verificato, aggiornato o monitorato da nessun soggetto pubblico).

Vista la delicatezza degli ambiti in cui la norma pare applicabile, i timori per una applicazione “di comodo” di questa ipotesi sono del tutto condivisibili.