Un processo di co-gestione degli spazi pubblici: la tesi di Federico Campanella

Federico Campanella, autore della tesi magistrale che qui pubblichiamo sulla Cura dei beni comuni urbani. Proposta di un processo di co-gestione degli spazi pubblici. Il caso studio di Fossano, invita alla riflessione sui processi di collaborazione che è possibile avviare tra pubblica amministrazione e cittadinanza attiva. La tesi dedica particolare attenzione alla riqualificazione degli spazi urbani e della rigenerazione delle comunità grazie all’amministrazione condivisa.

Presentazione dell’autore

Siamo in un’epoca difficile, caratterizzata dalla crisi del capitalismo neoliberista, dalla tecnologia e dalla frenesia del successo. Un’epoca dove non esiste più il tempo di ragionare e pensare a condizioni alternative, che spinge la maggior parte delle persone a cercare una sicurezza economica che faccia fronte alle necessità del vivere quotidiano o, al più, a inseguire uno benessere effimero.

Ristabilire una continuità con i valori del passato

Ripensando al lavoro di tesi, qui presentato, che risale ormai al 2015, mi pare di aver compiuto una ricerca storica che attinge alcuni suoi principi da un tempo antico, risalente addirittura al medioevo, un periodo che sotto alcuni aspetti possiamo considerare tutt’altro che “buio” e che può ancora insegnarci molto.

Tuttavia, se riporto il mio pensiero alla contemporaneità, in cui domina una visione se non una filosofia del mondo molto diversa da allora, continuo a trovare nella rilettura e nell’interpretazione di concetti appartenuti a quel tempo molte idee ancora “presenti” ed espressioni di quel vivere che potrebbero essere attualizzate. Quelle idee sono mutate insieme alle comunità che le hanno espresse nei secoli, ma il loro significato profondo permane ancora oggi nelle nostre società “avanzate”.

Il processo di co-gestione e l’amministrazione condivisa

Proprio per questo motivo, parlare oggi del significato di “bene comune” e quindi di “beni comuni” è fondamentale e di grande importanza per dirimere ogni dubbio o incertezza sull’uso di questi termini tornati in uso dopo lungo “letargo”. Alcune settimane fa, Gregorio Arena, parlando a un incontro a Fossano su questi temi, ha sottolineato come la definizione di “beni comuni” da parte di una comunità possa  rappresentare una fonte di diritto nel momento in cui la stessa comunità attribuisce a un dato “bene comune” un significato di aggregazione identitaria e un valore capace di esprime un interesse generale.

Anche per queste ragioni, ho scelto di parlare nella mia tesi di co-gestione, o gestione condivisa, degli spazi pubblici con riferimento alla cura dei beni comuni da parte delle comunità in collaborazione con le amministrazioni locali. Credo infatti che tale indirizzo possa essere rappresentativo di un processo partecipativo e deliberativo che conduce a un’inedita interpretazione dei “beni comuni” poiché richiede lo sforzo di ragionare sulla base di criteri nuovi e nella prospettiva di scardinare vecchi schemi preconcetti. In particolare, questa interpretazione si fonda su tre aspetti: la partecipazione attiva della comunità al bene comune; il ruolo delle città e dei suoi spazi pubblici intesi come beni comuni; il fondamento giuridico e amministrativo che consente, tramite il principio della sussidiarietà, di relazionare direttamente una comunità alla cura dei beni comuni a disposizione.

Le buone pratiche e il caso studio di Fossano

Nella tesi ho voluto ragionare su diverse buone pratiche attuate nelle grandi città del nostro Paese, per poi prendere in considerazione il caso di Fossano, una città di medio-piccole dimensioni della Provincia di Cuneo, individuando il processo più idoneo per attivare amministratori e cittadini, portandoli a riflettere sui vantaggi della co-gestione di alcuni spazi pubblici, come modello di sviluppo e di valorizzazione urbana.

L’inserimento del principio di sussidiarietà orizzontale nell’art. 118, ultimo comma, hanno permesso, anche grazie al lavoro di Labsus, di innovare i processi amministrativi, dotando le comunità urbane e i loro enti pubblici di nuovi strumenti atti a mobilitare e facilitare la partecipazione dei cittadini, come il Regolamento di Bologna. I “patti di collaborazione”, che si costituiscono nel quadro normativo del Regolamento, si stanno lentamente sviluppando in Piemonte come in tutta Italia. Tuttavia, nel mio territorio, quello della Provincia di Cuneo, i “patti” sono ancora in una fase embrionale e non sono ancora riusciti a esprimere in concreto le loro potenzialità sul piano dell’innovazione delle relazioni tra società civile responsabile e amministrazione pubblica.

Difficoltà e ostacoli

I motivi possono essere diversi, tra cui poniamo ad ipotesi: la mancanza di adeguate risorse economiche, la scarsità di realtà attive in grado di diffondere e spiegare le nuove proposte, la reticenza delle amministrazioni a sperimentare e ad affiancare a vecchie pratiche consolidate nuovi strumenti di co-gestione amministrativa. Tutto ciò, però, non esclude che si possano gradualmente superare difficoltà e diffidenze, riuscendo prima o poi a imprimere al nostro sistema amministrativo un indirizzo nuovo e alternativo. Mi auguro, nel mio piccolo, che questa tesi possa essere utile a chi nel mio territorio è interessato a sostenere la cultura dell’amministrazione condivisa.