La lotta dei cittadini attivi di Elisabeth-Aue per proteggere il verde urbano, la biodiversità, il clima

Tra i quartieri di Französisch-Buchholz e Rosenthal, quasi al confine con la città di Berlino, troviamo i secolari campi agricoli di Elisabeth-Aue mai entrati a far parte del patrimonio naturale e paesaggistico del Comune e per il quale da tempo i cittadini lottano per il riconoscimento come area naturale protetta. Il distretto di Pankow da anni difende quest’area da continue speculazioni edilizie con ripetuti successi; e ora che la natura di tutto il mondo sembra ribellarsi all’operato dell’uomo, gli abitanti sono ancora più fermi sulle loro convinzioni: proteggere e tutelare le aree verdi.
Ormai da anni questo vasto territorio è stato inserito nell’agenda dell’edilizia abitativa del Comune come una delle più grandi aree di possibile espansione urbanistica. Sono 73 ettari di terreno limitrofo alla riserva naturale di Blankenfelde e al parco del Barnim: prima grande area protetta negli Stati Federali di Berlino e Branderburgo. Storicamente si sono susseguiti processi di preservazione del verde anche grazie al piano strategico della città di Berlino “Stadtgrün” (Città verde) e viene difficile pensare che un luogo così ricco di biodiversità come questo non sia stato ancora incluso in questo programma; anzi, che venga addirittura costantemente minacciato da magnati dell’edilizia. Elisabeth-Aue è posta in prossimità di numerose riserve naturali: ad ovest si trovano il parco botanico Volkspark, la pianura Zingergraben e il parco ricreativo Lübars. A nord si estendono il villaggio Blankenfelde e l’area di protezione del paesaggio di Tegeler Fließtal, nonché la riserva naturale di Niedermoorwiesen e Kalktuffgelände. Il Tegeler Fließtal entrò sotto la protezione del paesaggio del Comune di Berlino dal 1929 grazie alle sue peculiari caratteristiche e nel 1999 divenne un’area protetta di importanza europea (“protezione di Natura 2000”).
Il dibattito sul destino di questi campi va avanti dalla fine del 20° secolo. Grazie ad un’intensa mobilitazione cittadina, che lotta per la tutela ambientale e con validi argomenti, i campi sono ancora oggetto di discussione pubblica, tanto che il verdetto finale rimane lo stesso: “Die Felder bleiben” (I campi rimangono).

La storia

La nascita del paesaggio del Barnim ha origini che risalgono al periodo delle glaciazioni, ma la sua indole agreste risale al XIII secolo. Il primo documento ufficiale che vede comparire i campi agricoli di Elisabeth-Aue è del 1375 ed è contenuto nei registri del catasto dell’imperatore Carlo IV. All’epoca l’attuale riserva naturale di Blankfelde era abitata dagli Ugonotti che, fuggiti dalla Francia, perché perseguitati a causa del loro credo protestante, si rifugiarono in queste terre ed iniziarono a coltivarle. Così ad ogni campo agricolo venne dato il nome di un colono francese o, come nel caso di Elisabeth-Aue, della moglie di uno di loro.
Il piccolo villaggio di Blankfelde crebbe, così come la capitale tedesca, ma come spesso capita l’espansione non ha un impatto positivo sull’ambiente. Il paesaggio del Barnim e anche Elisabeth-Aue, ad esempio, nel tempo mano mano cambiarono “aspetto” a causa dell’operato dell’uomo e la natura smise di avere il sopravvento.
Un esempio lo ritroviamo nel 19°secolo quando il comune decise di regolarizzare i campi con pannelli rettangolari di mancita, circondati da dighe e strade agricole. Negli anni ’90, gran parte del paesaggio di Pankow si perse a causa delle forti espansioni dell’area urbana di Buchholz e Karow. Già allora parte dei campi era stata inizialmente designata per lo sviluppo urbano, ma venne risparmiata per compensare la massiccia costruzione del quartiere limitrofo e pertanto fu destinata ad area verde attrezzata per la comunità.

Le origini del dibattito pubblico

Era il 1991 quando il comune di Berlino decise di attuare a nord- est nel distretto di Pankow il cosiddetto piano “Humbolt-Stadt” (Città Humbolt), un progetto di edificazione dell’area per residenze universitarie e spazi destinati ad istituti di ricerca. La zona di costruzione scelta fu quella dei campi di Elisabeth-Aue. Anche se in nome della scienza e della cultura, la natura avrebbe avuto comunque più “diritto di vivere” rispetto al cemento. I cittadini attivi, perciò, iniziarono una protesta pacifica sotto il motto “Wohnen im Eigentum – das Haus im Garten” (Vivere nella proprietà – la casa in giardino) con la quale – attraverso una mostra fotografica – venivano evidenziate tutte le ragioni a sostegno della tesi secondo cui distruggere una riserva naturale, sia pure senza i crismi della normativa ma riconosciuta ufficiosamente dai locali come tale, avrebbe portato a conseguenze “catastrofiche”. I tentativi di costruire sui campi fallirono per una serie di motivi, ma fu comunque una vittoria. Fino al 2014.

Una lotta senza tregua

In quell’anno il Dipartimento del Senato per lo Sviluppo Urbano e dell’Ambiente decise di avviare la costruzione di ventiquattro nuove aree residenziali, tra cui quelle che si sarebbero insediate nei campi agricoli di Elisabeth Aue: nel Piano di Sviluppo Urbano 2025 (“Statentwicklungsplan – StEP Wohnen 2025”). Da quel momento i campi entrarono a far parte ufficialmente dell’Agenda dell’edilizia abitativa di Berlino. Senza indugio, nello stesso anno, il senatore di Berlino per lo sviluppo urbano e ambiente Andreas Geisel firmò al Comune, in presenza del capo del distretto di Pankow, Matthias Köhne, con le due società immobiliari GESOBAU e HOWOGE, un importante protocollo d’intesa per lo sviluppo urbano di quest’area. Questo, sugli oltre 70 ettari di proprietà statale, prevedeva la progettazione della “città giardino del 21° secolo”, ossia la costruzione fino a 5.000 nuovi appartamenti per 10.000 abitanti a partire proprio dal 2019. Dopo la firma, era previsto che nei mesi successivi si iniziasse la valutazione della pianificazione urbana, della costruzione e della politica abitativa oggetto delle linee prese in considerazione nell’ISEK (Integriertes städtebauliches Entwicklungskonzept– Concetto di sviluppo urbano integrato), per lo sviluppo complessivo nella parte nord-orientale di Berlino. Per natura giuridica questo strumento urbanistico è composto da due fasi che presuppongono il coinvolgimento da parte degli attori interessati. Ma, come era già successo per il piano Humbolt-Stadt, il problema non era il fine bensì il luogo della costruzione. Si istituì perciò un’iniziativa dal nome “Elisabeth-Aue e.V”, supportata da associazioni ambientaliste e cittadini, che hanno iniziato a partecipare attivamente alle riunioni distrettuali e insieme a respingere a gran voce l’idea alla base della “città giardino”. L’iniziativa era ed è composta e sostenuta non solo dagli agricoltori, ma anche da consiglieri comunali, cittadini locali e soprattutto dal partito dei Grünen (I Verdi). Fin dall’inizio, il cuore della lotta è stato sostenere che non sono da difendere solo dei campi da coltivare, è molto di più, soprattutto in un mondo in cui gli effetti dei cambiamenti climatici si fanno sempre più sentire. Emergeva un bisogno maggiore di tutelare grandi aree verdi come questa, che fungono non solo come aree ricreative, ma soprattutto come zone di “scambio termico” necessarie ad evitare l’innalzamento ulteriore delle temperature. I cittadini non combattono solo per i loro campi, indirettamente combattono per il futuro, per i loro figli, ma anche per la stessa qualità della vita. Tra l’altro, molti dei prodotti coltivati sono biologici e a km zero, rispettando l’ambiente e la salute di chi li consuma.
Cosa chiedono ancora con fermezza cittadini e agricoltori? Ci sono 72 pagine di spiegazione nella brochure pubblicata a sostegno dell’iniziativa che argomenta in modo articolato: dalla situazione climatica a quella urbanistica, faunistica e storica che sono incontestabili. Quello che già sappiamo: – si legge – i centri città sono isole di calore. Potrebbe essere piuttosto piacevole in inverno. Ma d’estate …? Le grandi città e i centri urbani hanno il loro clima locale. È molto diverso dal loro ambiente. Tra il massiccio Kreuzberg e il villaggio di Blankenfelde, al confine nord-orientale di Berlino, ci sono differenze tangibili nel vero senso della parola.” (Landschaftsschutz für die Felder der Elisabeth-Aue
, 2016; Protezione del paesaggio per i campi di Elisabeth-Aue, 2016)
In sostanza: perché cementificare quando si possono riqualificare spazi inutilizzati? Questo si chiedono i cittadini attivi di Pankow. Ed è proprio questo che ha permesso loro di farsi ascoltare. In grado, inoltre, di esprimere le loro opinioni come dei veri e propri esperti e – grazie anche ad un forte appoggio politico – ad oggi sono riusciti a fermare il progetto fino al 2021 (l’anno in cui finisce il mandato dei Grünen).
La nostra comunità globale affronta enormi sfide sociali e ambientali. Nonostante vari impegni volontari e gli obiettivi più ambiziosi di conferenze internazionali finora non si è riusciti a frenare la minaccia di sviluppi indesiderati, come la perdita di biodiversità o la progressione dei cambiamenti climatici – al contrario. Il fatto che miliardi di persone soffrono ancora la fame e la malnutrizione in tutto il mondo è uno scandalo sociale. Una delle cause principali di questi sviluppi fatali è un sistema sempre più industrializzato di produzione alimentare.
Parole tratte dalla brochure dell’iniziativa, che ci ricordano ancora che ogni giorno è una sfida per le nostre comunità. Ma, in fondo, sappiamo che possiamo fare la differenza a piccoli passi, giorno dopo giorno. E, insieme, possiamo migliorare la Casa di tutti: il nostro pianeta.

Thanks to Elisabeth Aue E.V for the photos and their collaboration