Un commento al nuovo rapporto Istat sulla "civicness" dei cittadini italiani

Le indagini fatte dal nostro Istituto centrale di Statistica sono fotografie pregiate della realtà che ci circonda, non semplici sondaggi. Per la qualità professionale dei ricercatori, e perché i campioni presi in esame per valutarne usi, comportamenti, scelte, tendenze, opinioni, eccetera, generano una massa enorme di dati, da assumere i contorni di una radiografia dettagliata. E’ il profilo dell’indagine pubblicata il 20 marzo scorso con il titolo: “Anni 2016-2018 SENSO CIVICO: ATTEGGIAMENTI E COMPORTAMENTI DEI CITTADINI NELLA VITA QUOTIDIANA”.
Ossia: quanto contano alcuni comportamenti (giudicati normali o incivili, dipende) per un campione di circa 24mila famiglie, con persone dai 14 anni in su, rappresentative della popolazione italiana per aree geografiche, comuni di residenza, caratteristiche socio-economiche e demografiche. Oltre che, naturalmente, per sesso ed età. In questo Rapporto non mancano, a mio avviso, sorprese.

Il “senso civico dei cittadini”

Ci si riferisce, cioè, a “quell’insieme di comportamenti e atteggiamenti che attengono al rispetto degli altri e delle regole di vita in una comunità”. Dall’Istituto è stato rilevato (nel corso di due anni) il grado di “giustificabilità” di 5 comportamenti ordinari nella vita di un cittadino non “educato”: Gettare a terra cartacce; Viaggiare senza biglietto sui mezzi pubblici; Usare il cellulare alla guida senza auricolare/vivavoce; Parcheggiare dove è vietato; Farsi raccomandare per ottenere un lavoro; Non pagare le tasse. Sembrano comportamenti banali (tranne l’ultimo), che possono essere – proprio per la loro ordinarietà – significativi per palesare, in qualche modo, il senso di cittadinanza, di appartenenza a una comunità, di metabolizzazione nella vita personale di alcuni principi che, se strutturati e fedelmente applicati, fondano un tessuto civile.
Vediamo in estrema sintesi, limitandoci però a quelli che – a giudizio di chi scrive – offrono elementi di riflessione soprattutto per quanto riguarda la cura dei beni comuni.

Non pagare le tasse? A volte si può fare…

Come, ad esempio, gli spazi pubblici per eccellenza: strade e piazze. L’84% delle persone dai 18 anni in su, nel 2018 afferma di non gettare carte per strada (in aumento rispetto al 2014, in misura più netta per le femmine che per i maschi, più anziani che giovani). Sarà vero? Al netto di ogni evidente rischio di approssimazione, che, anche nei questionari anonimi, emerge nel tentativo di assolvere un po’ la coscienza, si prenda il dato come una sorta di griglia classificatoria, un’indicazione di massima per ragionare sulla coscienza civica applicata nelle ordinarie manifestazioni di attenzione per gli ambienti comuni. E’ un fatto positivo.
Sorprende, però, una semplice comparazione con coloro che definiscono “Mai giustificabile” ‘Non pagare le tasse’ (il 68,7%). In una graduatoria d’incidenza sulla collettività, buon ultimi risultano, dunque, gli evasori. E invertendo la domanda (giudizi di “ammissibilità” dei comportamenti, rilevati nel 2016), oltre al 23,4% degli intervistati che ritiene, in determinate condizioni, accettabile parcheggiare in sosta vietata, al 18,5% che ammette possibili deroghe all’uso del cellulare alla guida e al 28,3% che ritiene tollerabile farsi raccomandare per avere un lavoro, sono ben 3 su dieci coloro che ritengono ammissibile non pagare le tasse!
Ancora: il giudizio di massima gravità (in una scala di 1 a 10) viene attribuito sì (rispettivamente per il 76,1% e il 72,5%) al voto di scambio e alla corruzione; ma anche (71,3 e 59) a ‘Lasciare dove capita i rifiuti’ e ‘ Scrivere sui muri o sui mezzi pubblici’, segno evidente di una cresciuta sensibilità sul patrimonio comune-ambiente, a fronte di molti casi di decoro latente che turbano occhi e spirito. L’Istat segnala che dal 2014 al 2018 sono cresciuti i comportamenti civili (non buttare carta, non parcheggiare in seconda fila, non adottare comportamenti rumorosi alla guida), i primi in modo significativo i terzi un po’ meno. Segno – ad avviso di chi scrive – che, dai e dai, formazione e testimonianze di comportamenti positivi possono generare modelli di comportamenti più di quanto non facciano le multe.

Sulla corruzione vacilla il senso civico?

C’è però un dato, che lascia sorpresi: “Un quarto delle persone giudica la corruzione un fatto naturale e inevitabile, sei persone su dieci considerano pericoloso denunciare fatti di corruzione mentre oltre un terzo (36,1%) lo ritiene inutile”. Aggravato anche dal fatto che sono proprio le fasce giovanili (18-24) a esprimere un consenso più alto sull’inevitabilità della corruzione (29,3 contro i 24,7 dei 65 anni in su), come se la giovane età, che dovrebbe stimolare una massima intransigenza verso il malaffare, non garantisse contro quel cinico “così va il mondo”, evocato spesso per far tacere i cosiddetti “idealisti”. Ancora: “Quasi la metà dei cittadini asseconderebbe l’eventuale richiesta di una prestazione professionale in nero o la mancata emissione dello scontrino non chiedendo la ricevuta”.
Altra osservazione. L’intransigenza aumenta nelle diverse fasce di età per tutti e cinque i cattivi comportamenti iniziali. Bene: ma viene da domandarsi perché con l’aumento del titolo di studio – ergo di cultura? – il livello di “indignazione” cresce poco o punto? Infine: l’intransigenza verso i cattivi comportamenti è più alta nelle femmine che nei maschi. Anche in questo caso, forse, si può fare qualche riflessione?
Sono solo dati, numeri, indicazioni, dalle quali si possono trarre conclusioni generali sul Senso civico degli italiani? Forse. Ma conviene anche ricordare le parole di Giacomo Leopardi quando – quasi duecento anni fa – nel suo severo e schietto “Discorso sopra lo stato presente dei costumi degli italiani”, scriveva: “Le classi superiori d’Italia sono le più ciniche di tutte le loro pari nelle altre nazioni. Il popolaccio italiano è il più cinico di tutti i popolacci. [la nazione italiana] unisce la vivacità naturale (…) all’indifferenza acquisita verso ogni cosa e al poco riguardo verso gli altri cagionato dalla mancanza di società, che non li fa curar gran fatto della stima e de’ riguardi altrui …”.