Attraverso la sentenza del 5 febbraio 2020, n. 929, la Sezione Terza del Consiglio di Stato ha affrontato la questione degli Istituti pubblici di assistenza e beneficienza (di seguito IPAB) e del processo di depubblicizzazione, puntualizzando l’interpretazione dell’art. 5 del d.lgs. 207/2001, indicante i criteri di esclusione dall’obbligo di trasformazione in Aziende pubbliche di servizi alla persona.
La regolamentazione degli IPAB
L’IPAB in oggetto fu istituito sotto il nome di “Ospizio di Santa Margherita”, secondo il modello pubblicistico disegnato dalla Legge Crispi, da Padre Simpliciano della Natività. Con la sentenza della Corte Cost. n. 396 del 1988, fu però dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 1 della legge 17 luglio 1890 n. 6972 (Legge Crispi), «nella parte in cui non prevedeva che le IPAB regionali ed infraregionali possano continuare a sussistere assumendo la personalità giuridica di diritto privato qualora abbiano tuttora i requisiti di un’istituzione privata».
A riempire il vuoto normativo è intervenuto il d.P.C.M. 16 febbraio 1990 e più puntualmente il d.lgs. 207/2001, il cui art. 5 prevede la trasformazione degli IPAB in Aziende pubbliche di servizi alla persona (ASP) con personalità di diritto pubblico, escludendo però tutti gli enti cui le Regioni riconoscano il possesso delle caratteristiche previste dall’art. 3 del d.P.C.M. sopra citato, cioè: il carattere associativo, il carattere di istituzione promossa ed amministrata da privati e l’ispirazione religiosa.
La controversia
La controversia si è sviluppata a partire dall’impugnazione, da parte della Congregazione delle Suore Francescane dei Sacri Cuori, del decreto del 23 luglio 2018 adottato dal Commissario ad acta in ottemperanza dell’art. 16 del d.lgs. 207/01, avente ad oggetto l’accertamento per la trasformazione degli IPAB in fondazione di diritto privato con riconoscimento della titolarità della rappresentanza e della gestione alla Congregazione. Qui il Commissario ad acta ha deciso per la trasformazione dell’Istituto in fondazione di diritto privato in ragione della componente religiosa della sua attività, come suggerito dalle disposizioni di Padre Simpliciano. Il Commissario ha infatti evidenziato l’essenzialità del ruolo svolto dal personale ecclesiastico della struttura, in proporzione preponderante rispetto alla componente sanitaria. L’IPAB, dal canto suo, ha impugnato il decreto opponendo che l’Istituto si occupa principalmente della cura e del ristabilimento alla vita sociale dei malati senza sottoporli ad alcuna pratica religiosa. Pertanto, lo stesso avrebbe perso ogni connotazione religiosa nel corso del tempo, equiparando la presenza di personale religioso alla comune presenza del cappellano negli ospedali civili così come nelle forze armate.
La pronuncia del Consiglio di Stato
Il Consiglio di Stato ha reputato infondate le censure mosse dall’Istituto: la finalità religiosa deve essere interpretata in senso ampio e generale, facendo riferimento ad una cura dei pazienti non solo fisica ma anche spirituale. Emerge tale indirizzo tanto dalle caratteristiche intrinseche della sua origine e della sua storia, quanto dal personale ecclesiastico presente al suo interno. La comparazione effettuata dall’Istituto tra il cappellano degli ospedali pubblici e quello dell’Istituto stesso, infatti, non sussiste: la presenza del religioso negli ospedali è prevista per legge, mentre per quanto riguarda l’Istituto è una norma dell’ente a prevederlo, esplicitando quindi la volontà di produrre anche assistenza spirituale e religiosa. Per quanto l’Istituto cerchi di segnalare la differenza tra riabilitazione alla vita sociale e riabilitazione alla vita religiosa, secondo la sezione Terza del Consiglio di Stato la peculiarità di questo è proprio la doppia assistenza prodotta, sia fisica che religiosa, la quale s’inserisce perfettamente nell’ambito del quadro disegnato dall’art. 3 del d.P.C.M. 16 febbraio 1990, che prevede una comprensione qualitativa del servizio nel giudizio di conformità alla norma.
Commento
La risposta del Consiglio quindi conferma l’azione del Commissario, non rilevando errori nell’interpretazione operata in relazione ai meccanismi di trasformazione delle IPAB in fondazioni di diritto privato. Non solo, il decreto del Commissario s’iscrive necessariamente, a detta del Consiglio, all’interno del processo di valorizzazione del c.d. Terzo settore: il futuro segnato dal d.lgs.207/01 è infatti quello della trasformazione di gran parte delle IPAB in enti di diritto privato, in linea con tutte quelle «realtà organizzative espressive della comunità [che] vengono così investite di compiti tradizionalmente riservati alla sfera pubblica, secondo un modello che dal 2001 ha trovato un riconoscimento anche costituzionale del nuovo quarto comma dell’art. 118 Cost.» (Cons. St., comm. spec., 14 giugno 2017, n. 1405), secondo una logica di depubblicizzazione che va pensata a complemento di quanto fatto fino ad oggi nell’ambito della sussidiarietà orizzontale.
Foto di copertina: Elena Kloppenburg su Unsplash
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