Negli ultimi sei anni la città di Bari ha vissuto un’intensa stagione di trasformazione sociale e urbana, accompagnata da una tensione partecipativa che ha caratterizzato progressivamente l’intera strategia di sviluppo urbano.
La maggior parte delle politiche urbane, sostenute da risorse regionali, nazionali ed europee (Piano Periferie, PON Metro, POR Puglia 2014-2020) sono state disegnate e implementate sfidando le pratiche consolidate di progettazione top down e coinvolgendo i cittadini e i quartieri in tutte le fasi della strategia: dall’elaborazione della visione sino all’attuazione e il follow-up delle politiche.
Un processo che è stato percepito positivamente dai residenti e che ha portato conseguenze tangibili in termini di ispessimento del capitale sociale, di incremento della fiducia e di rafforzamento del senso civico, operando positivamente sui valori della prossimità solidale e dell’adesione comunitaria.
Le tre vie dello sviluppo urbano e gli approdi
In particolare, la strategia di sviluppo urbano della Città di Bari, si è articolata lungo tre direttrici:
– la valorizzazione del ruolo dei 12 quartieri come spazi accessibili e accoglienti, creando o qualificando spazi pubblici aperti (parchi, giardini, piazze, piste ciclabili) e irrobustendo i presidi educativi e sociali come gli asili, le scuole, i centri culturali, le biblioteche, i centri famiglia;
– il rafforzamento del terzo settore e del tessuto imprenditoriale sociale, attraverso misure di incentivazione rivolte a cittadini italiani e stranieri, per la formazione di un ecosistema economico e del lavoro, ispirato ai principi dell’innovazione sociale e culturale;
– il sostegno alla creazione di consorzi e reti stabili di attori locali per la cura, l’animazione e la gestione dei territori e la produzione di nuove idee e proposte politiche dal basso.
In questa cornice programmatica sono stati realizzati 10 parchi e giardini, inaugurate 7 nuove piazze, create 3 nuove scuole, aperti 4 asili nido, insediate 11 biblioteche di quartiere, attivati due spazi di innovazione sociale e un job centre. Le nuove imprese sociali nei 12 quartieri sono state ben 86 così come 50 le vetrine del commercio riaperte e 10 i terreni agricoli periurbani riconvertiti a orti collettivi.
I soggetti coinvolti e il clima
Un attivismo che ha promosso non solo nuove esperienze di impresa territoriale ma stimolato la nascita di iniziative popolari, comitati spontanei, gruppi di genitori, i quali hanno deciso di mettersi in gioco per il bene comune e la cura della propria città. Sulla scia dell’esperienza del Comune di Bologna e gli indirizzi di Labsus, Bari aveva approvato nel 2016 il proprio “Regolamento sulla collaborazione tra cittadini ed Amministrazione per la cura e rigenerazione dei beni comuni urbani”, che offre la possibilità di avanzare dal basso proposte di gestione condivisa dei beni pubblici sottoutilizzati. Dalla sua adozione in Consiglio comunale ad oggi, son 23 i patti di collaborazione sottoscritti tra Amministrazione e gruppi sociali: per la gestione e la cura condivisa di parchi e giardini, la riattivazione di ex cinema in abbandono, la riconversione agricola di terreni confiscati alle mafie in orti urbani.
Ma la misura che maggiormente rappresenta la cifra di questo cambiamento è senz’altro Reti Civiche Urbane (RCU): un’azione di sistema che con un budget pre-assegnato su base demografica ai singoli quartieri (tra € 165.000 e € 40.000) e un’intensa facilitazione coordinata dall’Amministrazione, ha promosso la creazione di 12 consorzi stabili in 12 quartieri, costituiti dal basso, da gruppi di residenti e organizzazioni civiche (comitati di quartiere, scuole, ONG, imprese culturali, associazioni di volontariato, parrocchie).
A questi consorzi è stato affidato il co-design e la co-gestione di un programma di animazione socioculturale del proprio territorio su 18 mesi, in totale autonomia e con una grande enfasi sul valore dello spazio pubblico aperto come opportunità di socializzazione e riconoscimento per l’intera comunità.
Che ha potuto testare la capacità delle comunità locali di darsi una visione condivisa e negoziare un metodo di lavoro, su presupposti di fiducia e di collaborazione. Un percorso di community building che ha consentito alla città di Bari di dotarsi nel tempo di una potente infrastruttura immateriale multilivello che oggi coinvolge più di 300 organizzazioni e 10.000 persone nei 12 quartieri.
Un esperimento di autodeterminazione civile
Il dialogo tra Amministrazione e RCU, di concerto con i 5 Municipi della città, si sta rivelando estremamente efficace per disegnare strategie comuni di trasformazione urbana, favorire l’emergere di progetti cooperativi, condividere obiettivi di riutilizzo di immobili e spazi pubblici in abbandono nonché per animare gli spazi aperti, aggregare idee, bisogni e competenze, su base locale. Un processo supportato dalla piattaforma digitale Bari Innovazione Sociale da cui è possibile informarsi su ogni singolo cambiamento in corso e interagire con l’Amministrazione, proponendo il proprio contributo e/o candidandosi alla gestione di un bene. La trasparenza e l’accountability dell’azione pubblica alimentano il nesso di fiducia tra cittadinanza e istituzione pubblica che è alla base di qualsiasi processo di civic engagement.
Bari, in definitiva, si muove nel solco dell’Amministrazione condivisa, sperimentando un’idea di città policentrica e relazionale. E l’esperienza del solidarismo spontaneo, emerso dalle 12 comunità locali, per la distribuzione alimentare e l’assistenza domiciliare alle famiglie vulnerabili, durante il lockdown dello scorso marzo, ha restituito plasticamente alla città, il grande valore di un investimento politico che nella prossimità e nella sussidiarietà, aveva individuato il germe del cambiamento.
Foto di copertina: attività di valorizzazione di uno dei quartieri di Bari (credits:Giulio Albano)