Per il Consiglio di Stato, una lettura dinamica del fabbisogno regionale permetterebbe di garantire le regole del mercato, anche in un sistema basato sulla sussidiarietà orizzontale tra operatori sanitari, pubblici e privati

La terza sezione del Consiglio di Stato, con sentenza n. 1043 del 2021, ha respinto l’appello della Regione Abruzzo e confermato la sentenza del Tar Abruzzo n. 249 del 2020 – già commentata in questa sezione il 29 marzo u.s. – nella parte in cui condanna la Regione ad ottemperare all’obbligo di pubblicazione di un bando periodico che consenta a nuovi soggetti giuridici di ottenere l’accreditamento istituzionale in materia sanitaria, in ossequio al principio di concorrenza.
Invero, nel settore degli accreditamenti sanitari regionali, tale principio deve necessariamente dialogare con quello di sussidiarietà orizzontale, cui la materia si ispira per volontà del legislatore.
Orbene, come meglio si dirà in seguito, accogliendo una nozione dinamica e non statica di fabbisogno regionale, i due principi apparirebbero complementari piuttosto che confliggenti. Entrambi, in effetti, promuovono il coinvolgimento dei cittadini nello svolgimento di attività di interesse generale, sebbene con finalità diverse ma non per questo necessariamente confliggenti.

Sintesi della vicenda giudiziaria

La IMO S.r.l., dal 2007 autorizzata all’esercizio di attività sanitaria, aveva agito in giudizio dinanzi al Tribunale amministrativo regionale dell’Abruzzo che, con la sentenza n. 300/2018, aveva parzialmente accolto il ricorso principale, condannando la Regione Abruzzo all’adozione di un provvedimento, non soltanto espresso, bensì favorevole, di accoglimento dell’istanza di accreditamento ex art. 6 della L. regionale 32/2007, nonché alla pubblicazione del bando per l’accreditamento di nuovi soggetti,  c.d. “newcomers”.
Tuttavia, la pubblica amministrazione non si era conformata alla statuizione del giudice amministrativo e, pertanto, la società privata aveva agito in giudizio per l’ottemperanza della citata sentenza. Così, il Tar Abruzzo – Sez. Pescara, nella sentenza n. 249/2020, si era espresso ordinando alla Regione di ottemperare al giudicato sia pronunciandosi sull’istanza del privato con atto espresso; sia pubblicando un nuovo bando, per vagliare le nuove istanze di accreditamento, con lo scopo di migliorare l’offerta sanitaria; sia indicendo, periodicamente, simili bandi sulla base del fabbisogno regionale, da individuarsi in modo ragionevole.

La visione dinamica del fabbisogno regionale

La Regione Abruzzo ha presentato ricorso in appello dinanzi al Consiglio di Stato per la riforma della sentenza n. 249/2020, sostenendo di aver ottemperato al giudicato formatosi sulla menzionata pronuncia n. 300/2018, in conformità alla normativa vigente, avendo adottato il provvedimento espresso di diniego dell’accreditamento della società IMO S.r.l., ritenuto non coerente al fabbisogno regionale.
Invero, la ricorrente aveva invocato, a sostegno delle proprie ragioni in giudizio, il principio di contenimento della spesa pubblica, sostenendo che, la mancata indizione di nuovi bandi dovesse essere giustificata dal fatto che gli operatori accreditati esistenti coprivano già il fabbisogno regionale.
È proprio su quest’ultimo punto che il Consiglio di Stato ha individuato il vizio di fondo della posizione assunta dalla Regione Abruzzo. Orbene, il collegio giudicante ha ritenuto sussistente un errore interpretativo del quadro normativo vigente in materia, laddove si considera il fabbisogno regionale come statico e immutato sine die, e quindi condizione necessaria e sufficiente per “congelare” gli accreditamenti già esistenti e negare l’indizione dei nuovi bandi.
A sostegno di tale lettura ermeneutica, si tenga presente che l’Autorità garante per la concorrenza e il mercato ha ripetutamente escluso una definizione del fabbisogno quale strumento limitativo della concorrenza nel settore.
Ciò considerato, deve, piuttosto, ritenersi accolta una visione dinamica del fabbisogno in funzione del rilascio degli accreditamenti, laddove una periodica valutazione degli operatori sanitari, accreditati o aspiranti tali, miri a garantire una più efficiente allocazione delle risorse disponibili e, in ultima istanza, un vantaggio per la spesa sanitaria regionale.
Invero, la pubblicazione di un nuovo bando per accreditamenti, non determina automaticamente un aumento dei cd. “tetti di spesa” poiché comporta solamente il rilascio dell’accreditamento istituzionale, ossia della “qualità di soggetto accreditato”.

Conclusioni

Alla luce di quanto ricostruito, pertanto, il Consiglio di Stato ha condannato la Regione ad ottemperare al giudicato, ritenendo che i bandi periodici aperti a nuovi operatori sanitari non possano essere considerati recessivi rispetto alla conferma periodica degli accreditamenti già concessi, poiché è necessario garantire le regole del mercato, in particolare il principio di concorrenzialità, che prevede la possibilità di accreditare i cd. newcomers, anche in un sistema, come quello sanitario, basato sulla sussidiarietà orizzontale tra operatori sanitari, pubblici e privati.
Da ciò emerge implicitamente, quanto anticipato nelle osservazioni a margine della citata sentenza n. 249/2020, ossia la non perfetta sovrapposizione tra principio di sussidiarietà orizzontale ex art. 118 Cost. e principio di libera concorrenza, sancito dall’art. 41 Cost.
Invero, la diversa ratio di queste norme è dimostrata dal fatto che, sebbene il sistema degli accreditamenti sanitari regionali sia basato sul rapporto di sussidiarietà orizzontale tra operatori sanitari pubblici e privati accreditati, tuttavia, tale sistema deve essere altresì pervaso delle diverse regole di concorrenzialità che, imponendo la periodica apertura del mercato a nuovi operatori, assicurano un maggiore razionalità della spesa pubblica.
Ciò posto, una lettura combinata dei due principi apparirebbe maggiormente conforme al dettato costituzionale, in considerazione del fatto che la periodica apertura al mercato degli accreditamenti sanitari consentirebbe ad un numero maggiore di soggetti privati di concorrere a partecipare, almeno potenzialmente, alla gestione della res publica.

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Foto di copertina: Tolga Ulkan su Unsplash