Recensione dell'opera “Il Partenariato sociale. Gli interventi di sussidiarietà orizzontale e il baratto amministrativo ex artt. 189-190 Codice dei contratti pubblici”

Paolo De Nictolis, con la sua opera “Il Partenariato sociale. Gli interventi di sussidiarietà orizzontale e il baratto amministrativo ex artt. 189-190 Codice dei contratti pubblici”, edito da Dike giuridica, restituisce un’analisi matura e critica di questi due “nuovi” strumenti giuridici, ponendone in rilevo le potenzialità ma anche le forti limitazioni, che hanno spinto le amministrazioni pubbliche a ricorrervi in minima misura.

L’archetipo generale del Partenariato Pubblico Privato

Dei quattro capitoli che compongono l’opera monografica, il primo di questi offre una panoramica generale sull’archetipo del Partenariato Pubblico Privato (di seguito, PPP), che riconosce nell’articolo 180 del decreto legislativo del 18 aprile 2016, n. 50, il c.d. Codice dei contratti pubblici, la norma di riferimento. Per l’Autore, le disposizioni ivi contenute rappresentano un «tentativo di realizzare un “avvicinamento” osmotico tra privato e pubblico» (p. 12), volto, contemporaneamente, a superare le difficoltà della pubblica amministrazione a spendere in investimenti e ad incentivare la scelta del privato a dialogare (e investire) con la stessa autorità pubblica. Infatti, per la prima volta, il legislatore disciplina l’istituto del PPP in maniera organica, definendone i caratteri generali; ad esso, pertanto, sono riconducibili più modelli contrattuali specifici, in cui risulta prevalente la natura economico-finanziaria. È lo stesso art. 180 del d.lgs. n. 50 del 2016, all’ultimo comma, a fornire un elenco non tassativo di tipologie di PPP, alle cui discipline puntuali si rimanda negli articoli successivi del Codice (art. 182 e ss. D.lgs. n. 50 del 2016). Da questo elenco restano esclusi quei contratti stipulati fra cittadini, anche singoli, e autorità pubbliche, che sono gli interventi di sussidiarietà orizzontale (art. 189) ed il baratto amministrativo (art. 190), fattispecie che, tuttavia, il legislatore nazionale ha collocato nella Parte IV, Titolo I del D.lgs. n. 50 del 2016, rubricato proprio “Partenariato Pubblico Privato”.

La riconducibilità del Partenariato sociale al PPP

Pertanto, è nel secondo capitolo che l’Autore tenta di ricondurre gli istituti del Partenariato sociale tra quelli del PPP. La difficoltà a riconoscere questi «nuovi modelli d’impresa a cavallo tra civismo, terzo settore e mercato» (pp. 27-8) tra quei modelli contrattuali riferibili all’art. 180 del Codice dei contratti pubblici è dovuta all’assenza – nei primi – di uno dei presupposti tipici del PPP, che è la produzione di un flusso di cassa attivo in capo all’operatore privato, dovuto alla realizzazione, alla messa a disposizione o alla gestione dell’opera. Nelle ipotesi di interventi di sussidiarietà orizzontale ovvero di baratto amministrativo, il privato non viene remunerato (o almeno non direttamente), dal momento che esso ottiene “soltanto” una riduzione o esenzione dei tributi locali, ovvero una detrazione fiscale dei costi sostenuti per svolgere determinate attività (ad esempio, pulizia, manutenzione, abbellimento di aree verdi, piazze, strade, ecc.). Tuttavia, per l’Autore, così come per parte della dottrina intervenuta sul tema, si possono evidenziare delle analogie tra i modelli di PPP e gli istituti del Partenariato sociale: tra questi, sicuramente, la possibilità per le pubbliche amministrazioni di beneficiare delle risorse, delle competenze e delle esperienze di cui si fanno portatori i soggetti privati (p. 49).

Le analogie e le differenze degli istituti di Partenariato sociale

Sempre nel secondo capitolo, l’Autore si concentra sulle analogie e sulle differenze delle due fattispecie del Partenariato sociale. Se «entrambe le norme [artt. 189 e 190 d.lgs. n. 50 del 2016, ndr.] si muovono dalla prospettiva del collegamento tra la spesa in attività di interesse generale e la ricaduta in termini fiscali» (p. 47), è, tuttavia, da evidenziare come, nell’ipotesi di interventi di sussidiarietà orizzontale, l’incentivo fiscale è un elemento del tutto eventuale, mentre, in quella del baratto amministrativo, tale elemento è indefettibile. Con riferimento al baratto amministrativo, l’Autore appare critico nei confronti dell’attuazione che di esso hanno fatto le amministrazioni territoriali – in particolar modo, i comuni. Infatti, «da strumento di “partecipazione attiva” all’amministrazione della comunità locale» (p. 51), il baratto amministrativo è divenuto uno dei tanti strumenti di compensazione (tributaria) dello svolgimento di lavori di pubblica utilità, al quale fanno ricorso, soprattutto, coloro che vivono una condizione di disagio economico. Per l’autore, questa “traduzione pratica” ha fatto venire meno quella funzione alta e di tipo solidaristico, che si voleva riconoscere al baratto amministrativo.

Uno dei loghi-simbolo del baratto amministrativo. Crediti: Paolo De Nictolis

L’attività giurisprudenziale e gli istituti di Partenariato sociale

Con la sua opera, De Nictolis non si limita ad analizzare il quadro normativo generale all’interno del quale è inserito il Partenariato sociale, ovvero le sue caratteristiche, ma, nel terzo capitolo, pone attenzione anche sul ruolo che la giurisprudenza nazionale, specialmente contabile, ha svolto nel processo di attuazione delle fattispecie in esame, in particolare, nei confronti del baratto amministrativo. Chiamata a pronunciarsi sulla possibilità di applicare il baratto amministrativo ai soggetti imprenditoriali, di ricorrere ad esso per compensare i debiti pregressi o le entrate extra-tributarie, su quella di inquadrare come volontari dei cittadini impegnati in attività di Partenariato sociale ovvero di classificare nell’ambito delle spese del personale degli interventi ex artt. 189 e 190 D.lgs. n. 50 del 2016, la giurisprudenza ha mantenuto una posizione costante nel tempo, che, secondo l’Autore, ha portato al ridimensionamento delle potenzialità degli istituti in esame. In particolare, l’impossibilità di applicare il baratto amministrativo per compensare i debiti pregressi ha spinto diverse amministrazioni a frenare l’entusiasmo nei confronti di tale strumento.

Un’indagine originale sui Regolamenti

L’elemento che contraddistingue di originalità l’opera di De Nictolis è rappresentato dall’indagine qualitativa e statistico-quantitativa operata su 202 Regolamenti comunali in materia di baratto amministrativo. I risultati di questa ricerca, presentati e commentati nel quarto ed ultimo capitolo, anzitutto, indicano che su più di duecento comuni che hanno adottato il Regolamento, solo cinquantaquattro di essi hanno dato concreta attuazione al baratto amministrativo; strumento, quest’ultimo, di cui hanno beneficiato un numero limitato di abitanti (circa 580). In secondo luogo, i risultati dell’indagine restituiscono un’immagine del baratto amministrativo omogenea e condivisa; infatti, le discipline contenute nei diversi Regolamenti si differenziano sotto limitati aspetti (ad esempio, solo in pochi casi si fa riferimento alla co-progettazione co-gestione degli interventi), mentre si accomunano sotto molteplici profili, fra tutti i criteri di selezione. Nella maggior parte dei testi normativi, infatti, si stabilisce che l’accesso al baratto amministrativo è, principalmente, riservato a coloro che dispongono di un basso ISEE, versano in una condizione di disoccupazione ovvero sono in cassa integrazione; tutti elementi che contribuiscono a definire tale fattispecie come uno strumento di sostegno alle categorie disagiate, piuttosto che come strumento di coinvolgimento dell’intera comunità locale nelle attività di interesse genere. L’indagine quantitativa condotta sui Regolamenti per l’applicazione del baratto amministrativo non si è potuta replicare per le ipotesi degli interventi di sussidiarietà orizzontale, dal momento che per lo svolgimento di questi ultimi non vi è la necessità di procedere ad una previa adozione di un atto regolamentare che li disciplini.

Una nuova stagione per il Partenariato sociale?

Nel complesso, l’opera di De Nictolis restituisce un’immagine del Partenariato sociale contornata da luci e (molte) ombre. All’entusiasmo, che, inizialmente, le pubbliche amministrazioni hanno manifestato (principalmente nei confronti del baratto amministrativo), ben presto, complice l’attività giurisprudenziale, si è sostituito un senso di disillusione nei confronti degli stessi strumenti, tanto da considerarli del tutto inutili. Tuttavia, per l’Autore, un intervento normativo chiarificatore, da parte del legislatore nazionale, potrebbe dar avvio ad una nuova stagione del Partenariato sociale; una stagione che, però, consideri gli interventi di sussidiarietà orizzontale e il baratto amministrativo non come strumenti con finalità meramente assistenzialistiche, bensì come dei concreti e reali strumenti di valorizzazione della creatività e delle competenze dei cittadini, nello svolgimento di attività di interesse generale.

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