Semplificazione e ampia partecipazione dei cittadini alla cura dei beni comuni: sono questi i due pilastri su cui poggia il nuovo Regolamento del Comune di Verona, adottato a cinque anni di distanza dall'adozione del primo

Il 2 marzo 2017, il Consiglio comunale di Verona approvava all’unanimità il suo Regolamento per l’attuazione della sussidiarietà orizzontale mediante interventi di cittadinanza attiva. Una dicitura lunghissima, pensata e ripensata per restituire l’idea di quella che sarebbe stata una sfida grande per la città e per le tante forze attive che cercavano una voce sul territorio e nelle istituzioni.
Oggi i patti di sussidiarietà tra cittadini attivi e Comune sono circa ottanta, quasi tutti con durata pluriennale e con una incredibile capacità generativa orientata a sempre nuovi sviluppi di collaborazione. In meno di cinque anni è avvenuta una piccola rivoluzione per i cittadini e per l’ente, che si è ritrovato, quasi naturalmente, a mettere in campo le proprie competenze per dialogare, semplificare e co-progettare la cura dei beni comuni. Un cambio di prospettiva importante.
Come accaduto in altri Comuni italiani, i primi anni di sperimentazione hanno consentito alla città di raccogliere elementi utili a radicare una concreta cultura dei beni comuni, sostenendo i punti di forza (come il dialogo pubblico-privato) e lavorando sull’innovazione delle procedure amministrative (con l’obiettivo principale della semplificazione). Nel 2021, in seguito ad un processo partecipato simile a quello di prima approvazione, Verona modifica il suo Regolamento per l’attuazione della sussidiarietà orizzontale, introducendo diverse novità tese a rafforzare la struttura procedurale dei patti di sussidiarietà senza perdere di vista le finalità della semplificazione e dell’accessibilità di chiunque alla cura dei beni condivisi.

Beni comuni e procedimenti amministrativi: un connubio più che possibile

È necessario ricordare una premessa fondamentale: il Regolamento veronese, tanto nella precedente quanto nella attuale versione, attribuisce ai patti di sussidiarietà la natura di accordi amministrativi, ai sensi dell’art. 11 della legge 241 del 1990. Sono, quindi, a tutti gli effetti, dei procedimenti amministrativi, fondati sui passaggi stabiliti dalla legge. Una scelta decisa, sostenuta con convinzione dal Comune sin dall’elaborazione dei primi criteri di orientamento per l’adozione del regolamento e basata sulla considerazione che il procedimento amministrativo è la cellula base di ogni attività all’interno di un ente pubblico, sulla quale è possibile costruire e attuare nuovi percorsi che entrino nel circuito della Pubblica Amministrazione e vi restino, senza correre il rischio di disperdersi alla stregua di progettazioni sporadiche o eccessivamente puntuali. Si è osservato, inoltre, come la definizione di un procedimento amministrativo ad hoc per i patti di sussidiarietà abbia sicuramente agevolato la collaborazione tra i vari uffici comunali, veicolando in modo importante, tra i funzionari, il diffondersi della conoscenza, della capacità istruttoria e dell’attuazione di progetti sui beni comuni. In sede di revisione del Regolamento, il connubio tra beni comuni e procedimento amministrativo ha rappresentato, dunque, un punto focale, arricchito dei risultati conseguiti durante i primi anni di sperimentazione.
Il nuovo Regolamento è più breve e snello. Un solo articolo (art. 6) è dedicato agli interventi e alle azioni attuabili, secondo una formulazione più generica, che comprende tutte le attività sui beni comuni con finalità di interesse generale e su cui l’Amministrazione abbia competenza. Vengono elencati, a scopo orientativo, i possibili ambiti di intervento, senza che ciò precluda nuovi campi di collaborazione. Le previsioni eccessivamente specifiche sulla gestione degli spazi sono state abrogate, in quanto si è constatato come l’eterogeneità delle proposte renda preferibile co-progettare con i cittadini secondo un case by case approach, piuttosto che iper-regolare a monte una serie di ipotesi, creando, in sede di attuazione, un ostacolo alla generatività dei patti.
Seguendo una analoga ratio, non è più prevista la distinzione tra interventi occasionali e interventi complessi. Lo strumento utilizzato per attuare la collaborazione tra cittadini attivi e Comune resta, infatti, sempre il medesimo (il patto di sussidiarietà), a prescindere dal contenuto specifico dei singoli interventi. Pertanto, la scelta è stata quella di eliminare duplicazioni non necessarie e puntare sulla semplificazione di un unico procedimento. Inoltre, il concetto di occasionalità non coincide con quello di replicabilità, spesso legata ad interventi di minore rilievo sul territorio (come la manutenzione di piccoli arredi urbani) e una trattazione non frammentata delle proposte consente di valutare, di volta in volta, tutti i possibili aspetti, non conformandoli ai precedenti e dando ad essi la giusta dignità e prospettiva.
Nuovi sono i meccanismi di comunicazione ad assessorati, uffici e Circoscrizioni interessati per materia e per territorio (art. 10, co. 3), per informare, condividere e coordinare le azioni anche rispetto alla programmazione dell’Ente, in un’ottica di reale co-progettazione degli interventi. La sottoposizione delle proposte alla Giunta resta un’ipotesi eccezionale, soltanto ove si prospetti una modifica sostanziale allo stato o destinazione dei luoghi, nonché qualora particolari motivi istruttori lo richiedano.
La sperimentazione ha permesso di elaborare un termine massimo per la conclusione dei patti di sussidiarietà, stabilito in centottanta giorni (art. 10, co. 6). È un termine verosimile, pensato, nei limiti di legge, in ragione delle caratteristiche del territorio cittadino, per buona parte sottoposto ai vincoli paesaggistico-ambientali e alle restrizioni da essi imposte. Il Comune può esercitare un reale ruolo di partner con competenze istituzionali, avendo il tempo di acquisire i pareri degli enti preposti alle tutele, per consentire ai cittadini attivi di agire nel pieno rispetto delle caratteristiche dei beni comuni.
Il nuovo Regolamento affronta, altresì, un tema che pare imprescindibile per tutte le Amministrazioni che abbiano intrapreso una concreta via di attuazione della sussidiarietà orizzontale: il coordinamento con gli altri regolamenti dell’ente. Un disposto specifico è dedicato ora alla definizione dei criteri per l’erogazione di contributi economici ai cittadini attivi (art. 18). Fermo restando il carattere gratuito e su base volontaria del loro impegno, ci sono casi in cui l’Amministrazione può prevedere forme di sostegno finanziario, anche indirette, nonché l’acquisto di beni utili alle azioni consegnati, ove possibile, secondo la formula del comodato d’uso, supportando una scintilla di economia circolare tra i cittadini.

Il Referente dell’Amministrazione

La vera novità introdotta dalla revisione regolamentare è la figura del Referente dell’Amministrazione (art. 11), del tutto distinta dal responsabile del procedimento previsto per legge.
Favorendo i principi di fiducia reciproca e semplificazione, per ogni patto l’Amministrazione individua un Referente, scelto tra i funzionari della struttura organizzativa interessata per materia, in ragione delle specifiche competenze e dell’esperienza acquisita in servizio. Il ruolo del Referente è quello di sostenere, per tutta la durata del patto, i cittadini attivi, fungendo da punto di contatto con gli uffici interessati, indicendo riunioni, stimolando momenti di confronto e dialogo per la risoluzione di problematiche in itinere o per lo sviluppo di azioni ancillari al patto stesso. L’azione del Referente è condotta in sinergia con una cabina di regia centrale (il Servizio per l’Attuazione della Sussidiarietà orizzontale, collocato nel settore Affari Generali Decentramento), che mantiene le necessarie funzioni di consulenza e di coordinamento per tutte le collaborazioni in sussidiarietà. L’istituzione della figura del Referente dell’Amministrazione è stata possibile grazie ad una progressiva formazione rivolta ai diversi settori. Si è, così, creata una sorte di rete interna di competenze a favore dei beni comuni, che ha consentito a funzionari e cittadini attivi di strutturare insieme, con corresponsabilità, le azioni dei patti, dando corpo e forma a idee spesso soltanto abbozzate.

Il Laboratorio per la Sussidiarietà orizzontale e l’Innovazione amministrativa: l’inizio di un percorso

Per concludere, un cenno alla costituzione del cosiddetto Laboratorio (art. 13), soltanto intuito nella prima versione del Regolamento scaligero. Esso vuole essere lo spazio fisico e virtuale, di ispirazione permanente, dove svolgere e facilitare il dialogo tra Amministrazione e cittadini, attraverso incontri che favoriscano i processi di partecipazione, le consultazioni, il libero confronto, lo scambio di idee e di conoscenze reciproche. Il Laboratorio si compone di un Comitato di gestione paritetico – composto da funzionari pubblici, rappresentanti di Enti del Terzo settore e cittadini attivi – e di più tavoli settoriali sulle principali aree di interesse (dal verde alle scuole, dalla gestione di spazi alla valorizzazione dei quartieri). Ad ogni tavolo è garantita la presenza di un funzionario del Comune competente sulla materia, a supporto dei lavori. Il funzionamento operativo del Laboratorio è stato anch’esso aperto alla più ampia partecipazione della cittadinanza, attraverso pubblicazioni e comunicazioni; tutte le osservazioni pervenute sono state recepite in vista della prima convocazione ufficiale. È un modello che si distingue nettamente dalle classiche Consulte comunali, basandosi su geometrie variabili per essere un vero e proprio collettore di forze a favore dei beni comuni e della collettività.
Vale ricordare che tutte le innovazioni sono state supportate da un importante accompagnamento digitale, attraverso una pagina istituzionale dedicata, che permette di partecipare in tempo reale alle azioni e di visionare su una mappa pubblica i patti di sussidiarietà e i relativi materiali.