Limiti e opportunità della sentenza n. 22 del 2021 dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato

Con la pronuncia in esame viene risolto (almeno in materia urbanistico-edilizia) il contrasto giurisprudenziale sul rapporto tra vicinitas e condizioni dell’azione. Le questioni aperte restano, però, più d’una. 

Il contenuto della pronuncia

Con la sentenza n. 22 del 2021, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato si è pronunciata su una serie di questioni deferitele, ai sensi dell’art. 99 cod. proc. amm., dal CGA per la Regione Siciliana. Quest’ultimo, con sentenza non definitiva n. 759 del 2021, aveva chiesto infatti alla Plenaria di dirimere il contrasto giurisprudenziale esistente in tema di rapporto tra vicinitas e condizioni dell’azione e di chiarire definitivamente se la vicinitas fosse in sé idonea a dimostrare esclusivamente la legittimazione (come sostenuto da un più recente orientamento) o anche l’interesse a impugnare titoli autorizzatori edilizi rilasciati a terzi.
A tal proposito l’Adunanza Plenaria, ribadita la distinzione tra legittimazione e interesse al ricorso quali autonome condizioni dell’azione, è giunta alla conclusione che il giudice deve necessariamente accertare la sussistenza di entrambe e che, quindi, il criterio della vicinitas, quale elemento di individuazione della legittimazione, non può valere «da solo ed in automatico» a dimostrare anche la sussistenza dell’interesse al ricorso, «che va inteso come specifico pregiudizio derivante dall’atto impugnato». Tanto, fermo restando che l’interesse al ricorso – e quindi tale specifico pregiudizio – può comunque ricavarsi dall’insieme delle allegazioni racchiuse nel ricorso ed essere precisato dal ricorrente in corso di causa.

Spiragli d’emersione per la sussidiarietà orizzontale

Le conclusioni raggiunte dall’Adunanza Plenaria si pongono nel solco del più recente orientamento giurisprudenziale maturato in materia (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 16 giugno 2021, n. 4650; Sez. II, 1° giugno 2020, n. 3440; Sez. IV, 13 marzo 2019, n. 1656; Sez. IV, 22 giugno 2018, n. 3843) che il CGA, nel deferire la questione, aveva puntualmente richiamato nel dar conto del contrasto giurisprudenziale all’origine della rimessione.
La pronuncia in commento opta per la soluzione (almeno apparentemente) più rigida tra quelle in campo e chiude all’ipotesi di un controllo diffuso della legalità dell’azione amministrativa, quantomeno nella materia urbanistico-edilizia oggetto di causa.
Tale constatazione, però, non impedisce di intravedere, tra le pieghe della pronuncia, degli spiragli di apertura nella direzione della valorizzazione del principio di sussidiarietà orizzontale anche in sede processuale.

La vicinitas da contiguità fisica a prossimità assiologica. Un concetto in espansione?

La pronuncia in commento – pur ritenendo che la vicinitas sia idonea a dimostrare solo la legittimazione e non anche l’interesse a ricorrere – registra l’esistenza di una tendenza a una sorta di “liberazione” della vicinitas dal suo perimetro originario, che appare in progressiva espansione nel senso di includere anche l’ipotesi in cui la relazione di prossimità tra il soggetto e il bene protetto non sia meramente fisica, ma altresì assiologica.
Ora, se è vero che la vicinitas non è esclusivamente contiguità fisica, ma anche assiologica, al bene tutelato e ch’essa è elemento di individuazione della legittimazione a ricorrere, ciò vuol dire che, in una col concetto di vicinitas, anche l’area dei soggetti legittimati a rivolgersi al Giudice amministrativo tende a espandersi. E ciò sicuramente a vantaggio di enti, gruppi e associazioni che perseguono fini sui quali i provvedimenti gravati – al di là della prossimità territoriale – incidono.
La decisione in commento si pone dunque – per tale profilo – in velata continuità con la sentenza n. 6 del 2020 della Plenaria che, proprio in tema di legittimazione processuale, già aveva segnalato il ruolo “suppletivo” di associazioni portatrici di interessi super-individuali, in termini di complementarietà e non di alternatività rispetto a iniziative giurisdizionali individuali. 

Il limite della materia e le prospettive future

Quanto sin qui detto non reca in dubbio, ovviamente, che scindere vicinitas e interesse a ricorrere potrebbe costituire, in certi casi, un ostacolo all’accesso al Giudice amministrativo.
In quest’ottica, però, occorre chiedersi se le posizioni più restrittive dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato sposate nella pronuncia in commento debbano necessariamente esplicarsi, tal quali, anche al di fuori del contesto dal quale originano, ossia al di fuori della materia dell’edilizia in senso stretto, oppure se possano (o addirittura debbano) essere modulate a seconda degli interessi concretamente in gioco.
Alcuni elementi emergenti dalla pronuncia inducono a optare per quest’ultima ipotesi. La Plenaria, infatti, nell’affrancarsi dall’orientamento più elastico che la stessa Corte di cassazione aveva condiviso, rileva che le statuizioni del Giudice della nomofilachia sono state espresse in giudizi di impugnazione di sentenze in unico grado del Tribunale superiore delle acque pubbliche, «dunque per definizione, […] su cause che non sono di edilizia in senso stretto e in cui i temi della protezione ambientale ricevono preminente attenzione».
La pronuncia, dunque, relativizza le sue stesse affermazioni, lasciando presumere che la Plenaria, ove mai investita di analoga questione in una controversia che riguardi direttamente interessi metaindividuali, ben potrebbe raggiungere conclusioni parzialmente diverse.

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