La “Terra dei Fuochi” che si scopre a macchia d’olio nel cuore della Campania, un’attualità che fa riaffiorare drammi di un’insufficiente gestione delle politiche in materia urbanistica e territoriale. Oggi giornali, tv e web sono specchio di quanto l’ambiente e la vivibilità civica siano stati messi ai margini in tutto ciò che riguarda la pianificazione di un territorio e il suo sviluppo, nell’Italia degli ultimi decenni.
Il suolo, “terreno” di attualità e sussidiarietà
Ed è inutile girarci intorno: passato e presente si intrecciano con forza quando si parla di suolo, e queste dimensioni si legano immediatamente al futuro del nostro Paese, in un momento in cui si prova a parlare di rilancio sostenibile e di ripresa del sistema, in un’ottica di sussidiarietà . Il territorio infatti, prima ancora che essere utilizzato per la vita sociale, per la cultura, o per l’impresa, va prima di tutto risanato e difeso. Ed è in questa straordinaria macro-rivoluzione del governo che si inserisce la battaglia per la sussidiarietà come metodo di amministrazione e problem solving.
Un primo passo: il DDL per la difesa del suolo
Una battaglia in cui serve la sensibilità di pubbliche amministrazioni che si aprono, la buona volontà dei cittadini – ben oltre gli steccati di quello che oggi è il sistema di Protezione Civile, legato all’emergenza – ma anche cornici giuridiche che nel tempo agevolino le due tendenze. E da questo punto di vista, non si può negare che il via libera di lunedìscorso della Conferenza Unificata Stato-Regioni al ddl per la difesa del suolo – proposto dal Governo il 14 giugno – sia un bel passo in avanti. Presieduta dal Ministro per gli Affari Regionali e già sindaco di Reggio Emilia Graziano Delrio, l’Assemblea delle Autonomie ha concordato su due punti fondamentali, sottolineati dal Ministro dell’Ambiente Andrea Orlando : 1) non poter costruire utilizzando nuovo suolo, se non si è già intervenuti sull’esistente e sul patrimonio rurale; 2) non poter usare gli oneri di urbanizzazione per fare cassa, con un giro di vite sui proventi dei titoli abilitativi edilizi. La difesa dei suoli quindi non deve essere vista come una lotta all’edilizia, bensìun principio fondamentale in materia di governo del territorio.
Le opportunità
Il DDL definisce i concetti di “superficie agricola” e di “consumo del suolo”, fissa il procedimento per misurare il limite della superficie consumabile ogni 10 anni (coinvolgendo Regioni e Province), e prevede l’istituzione di un Comitato interministeriale composto da delegati dell’Istat e della Conferenza, per stendere un rapporto annuale di controllo e monitoraggio. Quanto all’attuazione vera e propria del principio del riuso del suolo, sono previsti dei censimenti comunali da chiudersi entro un anno dall’entrata in vigore della legge, pena il divieto di interventi edificatori o le attività produttive che comportano consumo di suolo inedificato nei Comuni inadempienti. Una volta a regime interverranno altri due paletti: il divieto di trasformazione per 5 anni dei terreni agricoli che hanno usufruito di aiuti di Stato o comunitari, e il divieto di consumo di superficie agricola entro tre anni dall’adozione del DDL.
Il punto di vista di ANCI e Legambiente: le lacune del provvedimento
Le risorse? La normativa, presentata come collegato alla Legge di Stabilità nella versione approvata dal Governo, stanzierebbe 180 milioni di euro. 30 per il 2014, 50 per il 2015 e 100 per il 2016: risorse orientate alla valorizzazione delle aree agricole (con relativo patrimonio paesaggistico) e al contenimento del consumo del suolo. Tutti obiettivi che soddisfano gli Enti Locali, meno la loro consistenza, ma un punto di vista diverso si registra anche sulle competenze, sull’articolo 3 (Limite al consumo di superficie agricola), sull’articolo 4 (Priorità del riuso) e sull’articolo 9 (Disposizioni transitorie e finali). L’Anci (Associazione Nazionale Comuni Italiani) chiede la creazione di incentivi per un minore e migliore utilizzo del suolo a favore dei Comuni, prendendo ad esempio la riconversione, la decostruzione e la riqualificazione degli edifici già esistenti nelle città (si veda il modello del quartiere di Marzahn Nord West di Berlino), oppure un’incentivazione fiscale per il recupero del patrimonio edilizio e per l’efficientamento energetico e la standardizzazione a livelli elevati dei metodi di edificazione. Riserve sono state espresse anche dal Presidente nazionale di Legambiente, Vittorio Cogliati Dezza, che pur vedendo nel documento una prima bozza di agenda verde, di green economy, critica la mancanza di misure forti e severe per la prevenzione del rischio idrogeologico. Da qualche parte però si dovrà cominciare, e l’importante è farlo con un piede su cui tutti sono d’accordo. Quello giusto.